Oggi niente escursione, oggi parliamo di vie ferrate! E da dove cominciare se non dalla regina delle regine delle vie ferrate, o per lo meno dalla più famosa? La Brigata Tridentina è la ferrata per antonomasia, quella che sentite sempre nominare quando cominciate a pensare di mettervi a “passeggiare” in parete, quella che vogliono provare un po’ tutti… e che poi provano tutti, nello stesso momento, peraltro.
Quando ero piccola io mi arrampicavo su praticamente qualsiasi cosa: alberi, muretti, armadi… e saltellavo su qualsiasi roccia. Poi sono cresciuta e ho un po’ smesso di farlo, però qualcosa mi deve essere rimasto di quella voglia di saltellare e arrampicarmi perché quando il Signor Coso mi ha spiegato cosa fossero le ferrate non stavo nella pelle. Soprattutto per la Tridentina avevo grandi aspettative e invece… ma non anticipiamo troppo i tempi.
L'avvicinamento alla Ferrata Tridentina
Per cui ci siamo messi in macchina e siamo partiti verso Passo Gardena. A circa metà strada c’è la piazzola da cui parte il sentiero che in cinque minuti porta alla ferrata (1956mt). Erano circa le otto di mattina e la piazzola era già abbastanza piena. Vi faccio un facile spoiler: non era un buon segno. Chiunque vi parli della Tridentina vi dirà una cosa: attaccatela presto! E presto, in montagna e soprattutto sulla Tridentina, non sono le otto! Forse sono le sei o magari anche le cinque. Ma lo sapete voi a che ora ci si deve svegliare per attaccare la Tridentina alle cinque? E a che ora si deve uscire dall’albergo? Ma soprattutto sapete da che ora viene servita la colazione in hotel? In quello dove stavamo il Signor Coso e io dalle sette di mattina. Ed è la colazione! Devo aggiungere altro? Insomma io scelgo l’hotel in base alla colazione. Così la gola (e forse anche un po’ la pigrizia) ha vinto sulla logica e i buoni consigli e siamo partiti tardi.
La piazzola, quindi, era già abbastanza affollata e anche il breve sentiero e – rullo di tamburi inutili – anche la ferrata. E qui sono cominciati i problemi perché la folla che riempiva la Tridentina era formata soprattutto da incompetenti, del tipo persone che tenevano un connettore del dissipatore a y attaccata all’imbrago. Il modo migliore per morire in una caduta, per capirci. Non la situazione ideale per attaccare una klettersteig, se volete il mio parere.
La ferrata Brigata Tridentina
La ferrata Tridentina è divisa essenzialmente in tre tratti e sulla carta richiede 3 ore. Nella realtà a noi ce ne ha richieste 4 e mezza e non perché fossimo lenti, ma perché ci si fermava in continuazione e si restava immobili lì, in parete, per interi minuti. In sostanza la Tridentina è la Salerno-Reggio Calabria delle vie ferrate.
Il primo tratto è piuttosto facile nonostante si inizi subito con un’ascesa verticale in parete. Una serie di staffe aiuta la progressione. L’unico fastidio è l’umidità. I miei occhiali si appannava continuamente, il che rendeva la salita una bella sfida e al tempo stesso mi faceva sognare di aver comprato degli occhiali con i tergicristalli. In quei minuti erano diventati il mio chiodo fisso, poco ci mancava che scrivessi una letterina a Babbo Natale per chiederglieli in regalo.
Alla fine del tratto si incontra sulla destra la via che sale da Passo Gardena. Sulla sinistra invece iniziano una serie di saliscendi facili e non impegnativi, quasi rilassanti, che conducono fino al vero gioiellino per cui questa malefica ferrata si guadagna un po’ della mia simpatia: la Cascata del Pisciadù. La Brigata Tridentina è malefica, antipatica, ti lascia a lungo appesa a una parete ad aspettare il tuo turno per avanzare meno di un metro, ma ti offre uno di quei panorami che per almeno un paio di ore ti fa dimenticare di essere circondata da idioti che pensano di stare in fila alla posta e che, praticamente, ti vengono in braccio. E la Cascata del Pisciadù è il suo asso nella manica. Altissima e magra, ha una sua eleganza. Sono convinta che sfoderarla sia un colpo sleale da parte sua, ma ammetto che se l’è giocata bene questa Pisciadù.
Poco dopo la cascata inizia il secondo tratto di ferrata, questa volta molto più lungo e in alcuni tratti impegnativo. In un primo momento la progressione è orizzontale su rocce e puntelli. La Val Badia fa bella mostra di sé dalla cresta panoramica. Poi l’esposizione e la pendenza cominciano ad aumentare. Più o meno a questo punto ho raggiunto il massimo di sopportazione possibile e sulla letterina di Babbo Natale ho depennato gli occhiali e ho chiesto a lettere cubitali un bazooka. Ammetto che forse era un po’ esagerata ma vista la situazione… a mali estremi, estremi rimedi no?!
Dopo un piccolo traverso anche il secondo tratto si conclude. Da qui i furbi hanno abbandonato la ferrata in favore del sentiero di sinistra che procede ripido fino al Rifugio Cavazza. Il Signor Coso e io, invece, siamo rimasti in fila tra sconosciuti che stavano per diventare i nostri gemelli siamesi per quanto ci stavano vicino e sassi che scivolavano ogni tanto senza che nessuno si prendesse la briga di urlare un semplice “sasso”, come vorrebbero le regole del vivere civile. Ora vi chiederete voi: perché sei rimasta in fila se stavi sognando di fare un genocidio? No, non è perché sono masochista, ma perché sono testarda e, soprattutto, perché è il terzo tratto della Tridentina quello che vale davvero la pena fare.
L’ultima parte della salita è verticale, costellata di appigli e staffe. In alcuni tratti le rocce si fanno tanto vicine tra di loro da battere i wanna-be gemelli siamesi che mi stavano alle calcagna. Una scaletta ci ha portato all’ultimo masso dove abbiamo dovuto aggirare la Torre Exner per riuscire a vedere quello per cui questo percorso è veramente noto: il ponte sospeso a 2.496mt. Ovviamente io ho sbattuto il casco all’impalcatura del ponte, ma tanto era tutto il giorno che lo sbatacchiavo a destra e manca quindi non è che un colpo in più cambi qualcosa.
Però è sul ponte che è successo veramente l’inaspettato. Appena lo abbiamo passato ci siamo voltati e lì, intento ad attraversarlo, abbiamo visto Babbo Natale. Giuro! In carne e ossa e vestito rosso e barba bianca. Procedeva tutto gioviale con il suo zaino, anche quello rosso, pronto a salutare chiunque. Sapete cosa invece non aveva? Gli occhiali con i tergicristalli e, soprattutto, il bazooka. Quoque tu Babbo Natale?
Superato il colpo al cuore per il tradimento di Babbo Natale, abbiamo percorso il piccolo pezzo attrezzato che segue il ponte e finalmente siamo arrivati alla fine della ferrata. Da lì poi è stato un attimo raggiungere il Rifugio Cavazza (2585mt) in una landa completamente dominata dal Sass de Lec.
Il ritorno attraverso la Val Setus
Subito dopo mangiato abbiamo fatto un salto al lago Pisciadù, il lago glaciale che dà vita alla cascata. Ha anche lui il suo fascino. Però non ci siamo fermati troppo a lungo: ci aspettava la discesa.
Abbiamo preso il sentiero 666 per la Val Setus. Rileggete un paio di volte il numero. Noi in quel momento non ci abbiamo fatto caso, ma la dice lunga sulla strada che è. Il sentiero per la Val Setus è la bestia di Satana, senza se e senza ma. È il male fatto sentiero. Comincia con un tratto attrezzato impegnativo soprattutto perché va affrontato in discesa. Noi abbiamo scelto di percorrerlo con ancora tutto l’imbrago, il casco e il set da ferrata addosso, ma alla fine non abbiamo attaccato il dissipatore perché ci avrebbe soltanto ostacolato.
Non è, però, tanto il primo tratto il problema quanto tutto il resto della discesa che consiste in un maledettissimo scivolosissimo zig zag ghiaioso che io ho fatto praticamente per tre quarti con il sedere. Non che il Signor Coso se la sia cavata molto meglio, a essere onesti.
La discesa è particolarmente lunga e alla fine quasi procedevamo a carponi per quanto eravamo stanchi. Arrivati al bivio finale (2200 mt) quasi non ci credevamo. Abbiamo ignorato il sentiero a sinistra per Passo Gardena e deviato a destra, vedendo il parcheggio avvicinarsi sempre più. Non ho mai trovato in vita mia tanto bella la vista di un parcheggio.
Insomma a conti fatti, se questa fosse stata una gara, Tridentina 1 io 0. Ha vinto su tutti i fronti, ma c’è da dire che ha il suo fascino la signorina, specie quando la vedi da valle, di notte, completamente illuminata. Quello è uno spettacolo che auguro a tutti voi, anche a quelli che a fare una via ferrata non andranno mai, di vedere almeno una volta nella vita.
Scheda della ferrata
Partenza: Colfosco (in macchina)
Arrivo: Colfosco (in macchina)
Difficoltà: EEA
Durata: 7 ore circa
Dislivello: 600mt (di cui 400mt in ferrata)
Sentieri: 666
Rifugi: Rifugio Franco Cavazza
Le fotografie sono state tutte scattate dal Signor Coso. Le riprese video sono state fatte dalla mia tremolante testa con una action camera, il montaggio iniziale è del Signor Coso (io mi sono limitata ad accorciarlo un po'). La musica del video proviene dal sito Bensound ed è copyright free, quindi non ne posseggo i diritti.
Difficoltà: EEA
Durata: 7 ore circa
Dislivello: 600mt (di cui 400mt in ferrata)
Sentieri: 666
Rifugi: Rifugio Franco Cavazza
Le fotografie sono state tutte scattate dal Signor Coso. Le riprese video sono state fatte dalla mia tremolante testa con una action camera, il montaggio iniziale è del Signor Coso (io mi sono limitata ad accorciarlo un po'). La musica del video proviene dal sito Bensound ed è copyright free, quindi non ne posseggo i diritti.
Ma lo sai che esiste un'associazione che raduna tutti i babbo Natale con barba vera? Incredible!...lo so che non c'entra nulla, ma il babbo Natale in ferrata mi ha illuminata!
RispondiEliminaNon lo sapevo. Allora il Babbo Natale della Tridentina sicuro ne fa parte: giuro che aveva una bellissima barba bianca più che vera :)
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