LA FOLLE STORIA DELLA CONQUISTA DEL MONTE PIÙ ALTO DEL MONDO
Se
vi chiedessi qual è il monte più alto del mondo sono sicura rispondereste tutti
quanti l’Everest, ma vi sbagliate. Il monte più alto del mondo è il K.O.,
almeno stando al libro che mi è stato meravigliosamente regalato il natale
scorso: La conquista del K.O.
Lo
conoscete? No?! Non sapete cosa vi state perdendo!
Foto di Fxxu, fonte: pixabay.com |
“La conquista del K.O.” è una delle pietre miliari della letteratura di
montagna, forse l’unico romanzo
umoristico nella rosa delle opere sull’alpinismo. Normalmente gli alpinisti
leggono e scrivono resoconti sulle loro conquiste e le loro avventure, ma “La
conquista del K.O.” è una piccola, specialissima, spettacolare eccezione. E
sapete soprattutto perché è un’eccezione? Perché non è stato scritto da un alpinista!
È
il 1956 quando William Ernest Bowman dà alle stampe la sua prima opera: “The Ascent of Rum Doodle”,
letteralmente “L’ascensione dello Scarabocchio Strambo”. Un titolo, un
programma, che per altro la traduzione italiana ha brillantemente mantenuto.
Fino
a quel momento questo ingegnere inglese non si è mai spinto oltre le vette britanniche
(eccetto una piccola vacanza in Svizzera) e dell’alpinismo ha solo una
conoscenza teorica. Di ramponi, piccozze e ghiaccio himalayano è totalmente
digiuno. Capita, però, che legga i giornali e negli anni Cinquanta le grandi
conquiste sono in vetta, non nello spazio: uno dopo l’altro quasi tutti gli
Ottomila sono conquistati. Al 1956 si sono già fatti scalare l’Annapurna
(1950), il Nanga Parbat (1953), l’Everest (1953), il K2 (1954), il Cho Oyu
(1954), il Makalu (1955), il Kangchenjunga (1955), il Manaslu (1956), il
Gasherbrum II (1956) e il Lhotse (1956). Così Bowman, che se fosse nato dieci
anni dopo avrebbe potuto benissimo scrivere un libro umoristico
fantascientifico, scrive una storia
paradossale e umoristica sulla conquista del monte più alto del mondo: il
K.O. appunto.
Sulla
carta il bestseller è chiamato; e invece non succede. Il romanzo comincia a girare tra gli alpinisti e diventa un piccolo
cult, ma non fa mai veramente il botto. La prima edizione va fuori
commercio e diventa introvabile senza portare a una seconda pubblicazione. Bowman resta un autore misconosciuto.
Tra gli alpinisti si diffonde la convinzione che sia in realtà lo pseudonimo di
un qualche grande alpinista. Il libro viene passato di mano in mano,
fotocopiato, letto da molti senza che i giornali ci facciano caso. Bowman
pubblica un altro libro, di nuovo di non molto successo, e continua la sua vita
tranquilla nella campagna inglese. Negli anni sessanta scopre con stupore che
degli esploratori australiani hanno usato nomi del suo libro per un’esplorazione
in Antartide e più o meno nello stesso periodo a Kathmandu viene aperto il ristorante Rum Doodle, tuttora aperto e
con incredibilmente moltissime recensioni italiane sulla sua pagina TripAdvisor (e chi se lo aspettava!).
Questo
è il massimo di successo che questo piccolo gioiello riesce a raggiungere prima
che il suo autore muoia. Bowman si spegne negli anni Ottanta senza sapere mai
veramente la passione che la sua prima opera ha saputo generare in quel mondo
che con tanta maestria aveva voluto parodiare e, soprattutto, senza sapere
della nuova edizione del 2001 che
avrebbe dato nuova vita a “La conquista del K.O.”.
La
conquista del K.O. è la storia di una spedizione
audace e scriteriata. Un piccolo gruppo
di “alpinisti” scombiccherati e a loro insaputa incompetenti parte per
l’Himalaya dove si trova la vetta più alta del mondo, ancora non conquistata da
nessuno.
Il
K.O. batte l’Everest a mani basse. È
alto 40.000 piedi e mezzo, che a conti fatti dovrebbero essere 12.192 metri
e 30 centimetri (sono i 30 centimetri quelli che fanno la differenza!).
L’Everest è 8.848 metri. K.O. 1, Everest 0.
Il
gruppo dei nostri antieroi ne ha per
tutti i gusti: c’è Legaccio, il capostazione ingenuo e poco perspicace
che non sa capire né gestire i suoi uomini, Jungle, il navigatore con lo stesso mio senso dell’orientamento
che saprebbe finire sulla vetta del K.O. solo se avesse intenzione di
raggiungere invece il fondo della Fossa delle Marianne, Wish, lo scienziato che
insegue la grande scoperta della sua vita ma che a cui sfugge proprio il concetto stesso di scienza, Constant, il linguista esperto di vernacoli locali ma totalmente incapace di farsi comprendere, Prone, il medico
perennemente malato, Shute, il fotografo che non riesce mai a scattare una foto e Burley, il responsabile
delle vettovaglie che, neanche a dirlo, non sa minimamente esserne
responsabile. E ad accompagnarli ci sono troppi (veramente troppi, a causa di
un “piccolo” misunderstanding causato da Constant) portatori yogistani, gli
indigeni del luogo, tra cui spicca l’inquietante cuoco Pong i cui pasti sono talmente terribili da spingere i nostri
“alpinisti” a fuggire sempre più verso la vetta ogni qualvolta lui li raggiunga
nei vari campi.
Insomma
già così è una ricetta da ridere, ma se lo volete sapere è il finale che vi
lascerà piegati in due. Il finale vale
davvero tutto il libro, peccato solo che non ve lo possa raccontare:
spoiler! Vi toccherà leggervi tutto il romanzo per scoprirlo.
Recensione di La conquista del
K.O.
“La
conquista del K.O.”, insomma, è una parodia
imperdibile e unica nel suo genere. Con uno stile semplice e auto-ironico prosegue la gloriosa tradizione
dell’umorismo inglese non costringendovi mai allo slogamento della mandibola
per troppe risate, ma paralizzandovi quanto meno il viso in un ampio sorriso a
32 denti.
Unico
piccolo cruccio è che “The Ascent of Rum Doodle” andrebbe letto in lingua
originale perché Bowman fa ampio uso di giochi
di parole che la traduzione italiana riesce a conservare solo in parte.
Basti pensare che Jungle, Wish, Constant e tutti gli altri sono nomi parlanti, ad esempio Burley (il
nome del responsabile delle vettovaglie) significa “corpulento”.
Nonostante
questo, comunque, “La conquista del K.O.” è uno di quei libri che si leggono
con facilità e che dopo averli finiti non ti fanno per niente pentire del tempo
che gli hai dedicato. E poi non ci si può mica sempre prendere sul serio no?!
Si dovrà/potrà anche ridere quando si parla di alpinismo!
Foto di Free-Photos, fonte: pixabay.com |
Autore: William Ernest Bowman
Titolo
originale: The
Ascent of Rum Doodle
Traduzione:
Alessandra Quattrocchi, Maurizio Ginocchi (con la collaborazione di Gianni
Battimelli)
Genere:
Romanzo umoristico
Editore:
Corbaccio
Anno dell’edizione italiana:
2016
La foto del romanzo è mia.
La foto del romanzo è mia.
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