LA VOLTA DEL MARE E MONTI E NON PARLO DELLA PASTA (QUESTO NON È MICA UN BLOG CULINARIO, NO?!)
Lo so a cosa state pensando: “il Circeo? Ma questo non era un blog di trekking? Adesso comincia a parlare di mare?”. Eh no, però! Cos’è questa sfiducia? È vero che io non sarò Simone Moro (mio nuovo idolo alpinista da circa un mese per merito del suo libro sul Nanga Parbat) però di escursione voglio parlare. E mica è colpa mia se il Promontorio del Circeo è sul mare! Comunque anche lì hiking si può fare. Non mi credete? Ora ve lo dimostro!
L’avvicinamento al Promontorio del Circeo
Prima regola da sapere se partite da Roma per salire il Promontorio del Circeo in un weekend di fine primavera/inizio estate: bisogna partire presto! Ho scoperto l’acqua calda, dite voi? Okay, è vero che quando si va in montagna si parte sempre presto, ma per andare al Circeo si deve percorrere la Pontina, ossia la diretta concorrente a livello mondiale con la Salerno-Reggio Calabria per le file chilometriche. Sì, voi andrete a fare escursionismo, ma gli altri centomila romani andranno al mare; quindi partite all’alba e scegliete il giorno giusto. Noi, per esempio, abbiamo scelto l’ultimo giorno di carriera calcistica di Francesco Totti. Una mossa da geniacci, ve lo assicuro! Per bissarla toccherebbe aspettare la morte di un qualche papa, ma forse neanche così funzionerebbe.
Superato il mostro terribile della Pontina, e sigillato per bene in un anfratto della mente il pensiero che poi toccherà rifarla indietro, si raggiunge Torre Paola dove si parcheggia nei posti a pagamento sul lungomare. In realtà sarebbe possibile raggiungere il Picco di Circe, vetta più alta del Promontorio del Circeo, anche dal belvedere delle Crocette attraverso un sentiero panoramico in cresta. Noi però abbiamo scelto una strada più rapida e diretta quindi non ho la benché minima idea di come sia quella salita.
La salita al Picco di Circe
Parcheggiata la macchina (e pagato il parcheggio se no questa escursione ci sarebbe costata un occhio della testa) ci siamo avviati lungo il sentiero 3, una stradina sterrata in falsopiano che procede nel bosco dopo un ingresso che potrebbe o non potrebbe essere in qualche modo un muretto. Per essere onesti di questo primo tratto di strada io non conservo memoria e il Signor Coso non ricordava precisamente come fosse questo ingresso per cui ho deciso di immaginare l’ingresso del tesoro di Alì Baba. Così, perché mi è venuto in mente adesso, sul momento e perché – dai! – ci sta. Quindi “apriti Sesamo!” e procediamo.
Dopo circa 10/15 minuti abbiamo incontrato sulla destra il sentiero 1 che sale dritto per dritto, ripido, su un terreno scivoloso come il sapone. Potreste decidere che non fa per voi salire piegati in due, pregando di non finire a quattro di spade per terra, agganciandovi a ogni albero a vostra disposizione come scimmie, ma non vi consiglio di ignorare il sentiero 1 per il sentiero 2 poco più avanti: da lì facciamo che scendiamo perché quello sì che è ripido!
Questo incipit magari non è dei più allettanti: è faticoso e piuttosto lungo, ma vi garantisco che ne vale la pena. Dopo aver affrontato questo primo tratto in verticale si aggira il promontorio a destra iniziando a svicolare tra gli alberi e cominciando, anche, a godersi il panorama mozzafiato che il promontorio offre a qualsiasi pazzo che scende da una macchina sul lungomare con scarponi e zaini da trekking invece che infradito e telo da mare. I punti panoramici, sia sul mare sia sull’entroterra, infatti sono molteplici e valgono tutti un attimo di attesa per goderseli.
In generale il sentiero richiede resistenza fisica, ma non una grande tecnica. Si sta sempre all’interno, ben coperti, anche quando a destra si aprono balconcini a strapiombo. Accettate però un consiglio dalla regina dei goffi: prestate sempre molta attenzione perché il sentiero è quasi sempre stretto tra alberi e rocce.
Dopo un piccolo tratto di mezza arrampicatina tra le rocce (detto tipo il mezzo trenta di Ferrario perché ormai non lo riesco più a dire in altro modo, e se non sapete di cosa sto parlando lo dovreste proprio scoprire qui) si raggiunge finalmente l’anticima, ossia il Picco d’Istria (418m) che più o meno si colloca sopra la torre di Torre Paola che non è visitabile, se ve lo stavate chiedendo. Però è ugualmente carina da guardare da fuori. La torre, dico, non l’anticima… l’anticima solo da fuori la potete vedere altrimenti c’è qualcosa che non va.
Stringendo ancora un po’ i denti, quindi, abbiamo superato il Picco d’Istria e il bivio che ricongiunge il sentiero 1 al sentiero 2 (493m) e scegliendo una delle varie stradine che portano inesorabilmente alla cima abbiamo raggiunto la vetta, il Picco di Circe (541m). Ora voi volete sapere un po’ più chiaramente quale stradina abbiamo preso? Boh! Davvero, non lo so: né io né il Signor Coso ce lo ricordiamo. Comunque tutte portano in vetta quindi poteva andare peggio.
La vetta è stupenda! Da lì si vede tutto il mare: le Isole Pontine, con l’Isola di Ponza, Palmarola, Zannone e poco distante Ventotene, il Golfo di Gaeta (e se è bel tempo persino quello di Napoli) e la spiaggia di Sabaudia. Inoltre in vetta ci sono i resti di un antico tempio dedicato a Circe o a Venere; o almeno così ho letto da qualche parte: io non me lo ricordo per niente, chi lo avrebbe mai detto, eh?! Dicono persino che in epoca romana si organizzassero pellegrinaggi per raggiungere questo tempio. Che fisico questi romani! Che okay che 541m non sono 3000, ma comunque 521m di dislivello si fanno per salire sul Promontorio del Circeo! Quando ancora andavo in chiesa a me non veniva voglia neanche di fare i 10 metri che separavano casa mia dalla parrocchia… ed erano in pianura!
Comunque se ancora non si fosse soddisfatti di tutta la strada fatta, dal Picco di Circe si può continuare verso sud fino a raggiungere una seconda cima. La strada però è lunga e noi abbiamo preferito sederci a terra e pranzare mentre un ragazzino faceva volare un drone e uno sconosciuto ci parlava della Thailandia. Perché? Boh, non me lo ricordo. E come ti sbagli?
La discesa dal Promontorio del Circeo
Per tornare al livello del mare si ridiscende per un primo tratto per la via di andata, ma al bivio tra il sentiero 1 e il sentiero 2 si prende la direttissima, il sentiero 2. Questo sentiero è più interno quindi molto meno panoramico. Procede nel bosco prima a zig zag e poi diritto su un terreno scivoloso almeno quanto quello iniziale della salita. Qui ho brevettato un sistema di discesa elegantissimo e molto efficiente: mi lanciavo verso i tronchi degli alberi schiantandomici contro per frenare la discesa. Potrete non crederci, ma ha funzionato davvero: non sono caduta mai; il che è incredibile. Altrettanto non si può dire del povero Signor Coso che quasi subito è scivolato e si è aperto un bello squarcio sulla caviglia. Il che fa di me la vincitrice della gara abituale tra me e il Signor Coso intitolata “chi farà più ruzzoloni per terra?”. Spoiler: di solito la perdo io.
Per inciso non posso proprio vantarmi di aver vinto questa volta visto che il mio elegantissimo sistema di discesa mi si è rivoltato contro e a un certo punto ho dato una bella testata a un ramo al punto che il lunedì dopo, a lavoro, mi sono trovata a parlare di bernoccoli e a dire al mio capo: “no il bernoccolo non me lo sono fatta sul Circeo. Cioè sì ho dato una testata a un ramo, ma il bernoccolo era già lì”. E il mio capo non mi ha chiesto spiegazioni, il che forse la dice lunga su quanto è abituato a mie risposte strane. Comunque è stata una fortuna: non mi sarebbe piaciuto dover spiegare che il giorno prima del Circeo avevo letteralmente preso un palo in fronte. Cose che ogni tanto capitano nella vita… nel mio caso un paio di volte. Ops!
Dopo essere sopravvissuti al sentiero 2, comunque, abbiamo raggiunto di nuovo il sentiero 3 e voltando a sinistra ci siamo ricongiunti con la strada asfaltata. Raggiunta la macchina, quindi, ci siamo cambiati e tempo dieci minuti eravamo in acqua. Ebbene sì: alla fine abbiamo ceduto anche noi e siamo andati al mare. Vi rivelo un segreto, però: non c’è niente di più bello che farsi un tuffo in mare dopo aver fatto trekking. E io ho paura dell’acqua quindi è proprio vero. Certo c'è stata la piccola eccezione del Signor Coso che, con quello squarcio sulla caviglia, era travolto dalle fiamme dell'inferno praticamente tutto il tempo. In generale, però, il corpo si riprende rapidissimamente in acqua, soprattutto i piedi. Non ho ancora capito perché i rifugi non propongono come servizio un bel pediluvio. Diamine! Io lo pagherei anche 10€ dopo aver salito un dislivello di 1000 o 2000 metri, ma anche di 400 a essere onesti. Quindi andiamo rifugi! Rubatevi la mia idea e la prossima estate offritemi un bel pediluvio refrigerante!
Scheda dell’escursione:
Partenza: Torre Paola (a piedi)
Arrivo: Torre Paola (a piedi)
Difficoltà: E
Dislivello: 521m
Durata: 4 ore circa
Sentieri: 3, 1, 2
Tutte le foto sono state scattate da me