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venerdì 13 luglio 2018

LA SALITA A PIZZO CEFALONE

LA VOLTA CHE NON CI SIAMO PERSI… MA ABBIAMO PERSO IL RIFUGIO GARIBALDI

Signore e signori… sto per rivelarvi un segreto segretissimo e importantissimo. Rullo di tamburi, prego! Suspance hitchcockiana…
Ho trovato un posto sull’Appennino che ha i cartelli! Giuro! Cartelli, segnavia, sentieri tracciati... tutto l’armamentario! Neanche fossimo sulle Dolomiti. Mi ha quasi commossa. Curiosi di sapere come si chiama questo miracolo divino? Pizzo Cefalone!


Cresta per la via di Pizzo Cefalone

L’avvicinamento alla salita a Pizzo Cefalone


La salita di Pizzo Cefalone inizia da Campo Imperatore (2130m), da quello spiazzo dove arriva a parcheggiarsi la funivia. E se non avete voglia di stare agli orari dell’impianto potete comodamente parcheggiarci anche la vostra macchina, o, se vi chiamate Coppi, Pantani o Girardengo e state correndo il Giro di Italia, la vostra bicicletta.

Il piazzale è uno di quei posti che si fanno notare. Sarà per la meravigliosa chiesetta – che io credo sia la più bella chiesetta di montagna del mondo, chiedo perdono alla Chiesa di Santa Lucia – o per i due hotel che ci sono cresciuti speculari come due alberi che si fanno ombra a vicenda. L’hotel perfettamente parallelo alla chiesetta è ancora in funzione: è un ostello con bagno comune che prima o poi, probabilmente, sperimenterò e con un bar che nel pomeriggio era più pieno di un formicaio. L’Hotel Campo Imperatore, più grande e rosso, è, invece, un rudere imbruttito che promette di farsi ristrutturare, prima o poi, ma che nel frattempo ricorda tanto l’albergo di Shining al punto che non mi sarei stupita, mentre lo guardavo, se ne fosse uscito un Jack Nicholson urlante e ascia munito. E invece niente. Che poi, per inciso, se volete saperlo, Jack Nicholson non credo ci abbia mai messo piede, ma in compenso nel 1943 ci ha “soggiornato” per 14 giorni (alias ci è stato imprigionato) Benito Mussolini prima che i tedeschi lo liberassero.

Noi non siamo qui per dormire, andare alle terme o in piscina (nel nostrano Overlook Hotel sembrerebbe ci siano anche loro) quindi spalle agli agi mondani e via con l’escursione! 


Inizio dell'ampio sentiero che porta a Pizzo Cefalone

La salita a Pizzo Cefalone


Facciamo una premessa necessaria: no! Non ci siamo persi. Davvero! Ripudio qualsiasi affermazione sul Signor Coso e me che vaghiamo persi per raggiungere Pizzo Cefalone. Eravamo soli, senza GPS ubriachi, mappe o amici esperti. L’unico aiuto che ci eravamo concessi era una guida dei 2000 appenninici e i nostri ragionamenti. E sì, alle prime abbiamo un attimo sbagliato strada, ma a nostra difesa è stato solo un momento e totalmente giustificato: la guida stava mentendo!

Guardando infatti verso l’osservatorio, un’imponente struttura che non può passare inosservata, si individua facilmente un sentiero che si dipana a sinistra, lungo la mezzacosta del Monte Portella. La nostra guida, però, ci diceva di superare l’osservatorio prima di incontrare la svolta. Non è vero. Non so da che punto il libro si immaginava che attaccassimo l’escursione, ma vi assicuro che spalle verso l’Hotel Campo Imperatore non è necessario intraprendere il sentiero che superato l’osservatorio prosegue a zig zag fino al Rifugio Duca degli Abruzzi. Quello lo facciamo al ritorno.


Fregati dalla nostra stessa guida siamo dovuti tornare sui nostri passi e senza molta fiducia abbiamo intrapreso il sentiero n. 102 che in un continuo sali e scendi aggira il Portella e regala viste stupende sulla vallata stesa ai piedi di Assergi. Questo è un sentiero ampio e tranquillo che d’estate non dà particolari guai; quindi io me li sono portati da casa. Sapete cosa non dovreste mai fare dopo un primo intervento di devitalizzazione di un dente? Andare sul Gran Sasso, a 2000 metri dal livello del mare, con il freddo e il vento gelato. Non importa quanto proverete a stare in silenzio per non far entrare l’aria fredda in bocca (sfida ardua per me che non sto mai zitta), soffrirete comunque di un mal di denti fastidioso che, a seconda della vostra sopportazione, potrà andare da un livello 0 stile Flanders del tipo “accipicchierina, ho un dolore dolorino” a un livello 100 del tipo “oddio! Strappatemi tutti i denti! Ora e subito!”. Personalmente mi collocavo in mezzo, della serie “toglietemi i denti subito subitino”.

Una volta che il sentiero finisce di aggirare il Monte Portella si raggiunge una sella con i primi cartelli che io per un attimo, obnubilata da Ned Flanders in persona, ho creduto fossero un’allucinazione. In fin dei conti chi lo aveva mai visto un cartello sull’Appennino? Appunto su questi cartelli però: non so perché ma nelle selle indicano che si è in vetta. Non è vero! Una sella è una sella! Non lasciatevi ingannare. 


Cartelli segnavia sul sentiero per la salita di Pizzo Cefalone

Seguendo le indicazioni dei miracolosi cartelli abbiamo ignorato la svolta che ci avrebbe portato nella sottostante Val Maone e, prendendo il sentiero n. 111, abbiamo continuato verso nord/nord-ovest sul lato più esterno della cresta.

La strada era quella giusta e da qui in poi è un susseguirsi di chilometri senza svolte quindi confermo quanto detto all’inizio: non ci siamo persi. In compenso, però, ci siamo persi il Rifugio Garibaldi che a quanto dice tutto il mondo se ne sta bello acciambellato nella Val Maone. Non che noi lo volessimo raggiungere, però il fatto è questo: per tutto il percorso verso Pizzo Cefalone si passeggia su una cresta che dà liberamente sulla Val Maone, che è in sostanza una conca senza alberi o edifici o siepi o qualsiasi altra cosa possa impedire lo sguardo. Quindi, dove diamine si era nascosto il Rifugio Garibaldi? Perché non lo abbiamo visto né all’andata né al ritorno? Manco fosse Wally! Offro ricompensa a chiunque mi saprà spiegare soddisfacentemente dove si fosse nascosto il Rifugio Garibaldi. Si era seppellito? Stava studiando mimetizzazione? Era in vacanza?

Ignari che ci stavamo perdendo il Rifugio Garibaldi abbiamo proseguito superando anche quei brevi tratti in cui il sentiero si fa esposto, stretto e un po’ friabile. D’estate questi tratti sono facilmente affrontabili: nulla che un po’ di attenzione non possa gestire. D’inverno e d’autunno, e se ci penso bene secondo me anche di primavera, sono invece una realtà spinosa e pericolosa. Con ghiaccio, neve o disgelo Pizzo Cefalone mantiene di colpo fede al suo nome che poi, in dialetto, significa scivolone. È per questo motivo che considero Pizzo Cefalone una montagna bipolare: gentile d’estate, pericolosa e ostile in tutto il resto dell’anno. Quindi fatemi un favore e fate come noi: andateci d’estate, col sole e il caldo.

Verso la fine dell’escursione si è obbligati a svoltare a destra per un canaletto detritico un po’ critico, ma che in neanche dieci minuti si supera per raggiungere l’ultimo bivio. Qui si ritrovano i cartelli, ma ricordate cosa vi ho detto? Non crediate che dicano il vero quando affermano che siete in vetta! Da qui, anzi, se si va a sinistra si può percorrere l’esposta cresta di Malecoste che, dopo un lungo trekking, porta alla croce di papa Wojtyla, mentre a destra si sale in poco tempo per la vetta di Pizzo Cefalone. Non fatevi spaventare dalle prime rocce un po’ difficili da superare: dieci minuti e si è in vetta (2533m) dove troneggiano ben due croci.

Se siete fortunati come noi da lassù potrete godervi uno spettacolo mozzafiato: l’intera vallata di Assergi, la Sella del Grillo (o era la Sella Cefalone? Non l’ho capito), il Pizzo Intermesoli, il Corno Piccolo e il Corno Grande del Gran Sasso, il Monte Aquila e il Monte Portella e, un po’ più spostato rispetto agli altri, il Monte Corvo che dicono sia molto selvaggio ma che ha un nome talmente bello che prima o poi ci voglio andare (sì, le mie scelte escursionistiche non sono proprio le più razionali) e lontano il Lago di Campotosto.


Croce sulla vetta di Pizzo Cefalone

La discesa al Rifugio Duca degli Abruzzi (passando per il Monte Portella)


Dopo aver sbranato tutti i panini che mi ero portata dietro, e aver origliato anche troppi discorsi su boy scout, catechismo e messe, il Signor Coso e io abbiamo intrapreso la via del ritorno che, per un buon tratto, si sovrappone a quella dell’andata.

In realtà se si volesse si potrebbe rifare tutta la via di andata fino a Campo Imperatore, ma ci eravamo già persi il Rifugio Garibaldi, perché perderci anche il Rifugio Duca degli Abruzzi? Così, arrivati alla sella del Monte Portella abbiamo abbandonato il sentiero n. 111 in favore del sentiero 100D salendo a sinistra per una ripida cresta che in una mezz’ora ci ha portati alla vetta ovest del Monte Portella (2385m). Qui non c’è croce o madonnina, ma solo un masso di medie dimensioni acciambellato sopra a un cuscino di bandiere variopinte e tatuato con il nome della vetta su cui si trova. Nulla di particolarmente scenico e fino a oggi ho creduto che finisse tutto lì, ma ecco il secondo colpo di scena… ci siamo persi pure la vetta più alta del Monte Portella!

Ebbene sì, dopo le Torri di Casanova ci siamo persi anche il Portella. Dannazione! Poi vi spiego come è capitato. Nel frattempo però sappiate che proseguendo per il sentiero 100D lungo il filo di cresta si arriva in poco tempo al Rifugio Duca degli Abruzzi (2388m). Prima però si passa affianco a un prato pieno di sassi con cui molti si sono divertiti a comporre scritte. Lo abbiamo fatto anche il Signor Coso e io. La mia idea iniziale era scrivere “Pensieri Verticali”, ma vi immaginate quanto ci avrei messo? Così mi sono limitata alla sigla. La foto la metto sulla pagina Facebook se siete curiosi di vederla.

A parte i sassi questo prato dovrebbe, in teoria, essere terra buona per genziane e orchidee che fioriscono tra giugno e luglio. Noi ci siamo stati proprio in quel periodo. Non so come siano le genziane in fiore (le ho viste sempre e solo in bottiglia), ma di orchidee fiorite nessuna traccia. Uguale per camosci e grifoni che a quanto pare frequentano la zona. Che poi sarei stata anche curiosa di vedere come è fatto un grifone; credevo fosse una figura mitologica tipo un gargoyle…

Se volete un buon motivo per raggiungere il Rifugio Duca degli Abruzzi (oltre a questa foto di qualche anno fa del rifugio completamente ghiacciato) ve ne posso dare due: una crostata ai frutti di bosco bestiale e una torta cioccolato e nocciole enorme e squisita! Che volete di più? Non sono buone motivazioni persino per scalare il K2 di inverno? E allora che sarà mai allungare per loro la via del ritorno di questa facile escursione


Panorama dal sentiero di Pizzo Cefalone

Finito di spazzolarci i dolci siamo ripartiti un’ultima volta intenzionati a ridiscendere per lo zig zag che in circa venti minuti riporta a Campo Imperatore. Ovviamente, però, all’inizio abbiamo sbagliato strada così abbiamo fatto cinque o sei passi alle spalle del rifugio lungo la via di cresta che ci avrebbe portato al Monte Aquila, alla direttissima per il Corno Grande e soprattutto alla vetta più alta del Monte Portella (2422m). Ecco dove l’abbiamo persa: quando ridendo siamo tornati sui nostri passi dandoci dei polli per aver sbagliato strada così velocemente… siamo dei polli perché per la seconda volta consecutiva ci siamo persi una vetta! Dannazione!

Chiudiamo con un messaggio di servizio: lungo la strada dal Duca degli Abruzzi a Campo Imperatore abbiamo trovato degli occhiali da sole con lenti specchiate gialle e li abbiamo portati al bar dell’ostello. Sì, sono passate due settimane, ma se tu – proprietario degli occhiali – stai leggendo questo post sappi che gli occhiali sono lì (se nessuno se li è inguattati).

E quindi niente: ecco qui la salita a Pizzo Cefalone, uno dei pochi angoli d’Appennino pieno di cartelli e soprattutto una delle poche escursioni in Abruzzo in cui non ci siamo persi. Ci sarebbe quasi da montarsi la testa, se non rischiassi di perdermi ogni giorno anche sotto casa. 


Segnavia piramidali di pietre sul sentiero per Pizzo Cefalone

Scheda dell'escursione:


Partenza: Campo Imperatore (a piedi)
Arrivo: Campo Imperatore (a piedi)
Difficoltà: E
Durata: 4 ore circa
Dislivello: 450m
Sentieri: 102, 111, 100D
Rifugi: Rifugio Duca degli Abruzzi

Tutte le foto sono del Signor Coso

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