Comunque ecco la storia di com’era prima che ci fosse il Vioz.
La partenza da Colfosco
A guardarlo da sotto un po’ incuteva timore con quella sua altezza, specie perché si doveva partire dal paese. Immaginatevi la scena: io nel bel mezzo di questo infinito rettilineo che è in sostanza Colfosco tiro su il naso e fisso questo monte che domina la gola e tutta serena chiedo “e quindi quale sarebbe questo Sassongher?” e il Signor Coso punta il dito proprio verso il colosso. Lo ammetto: mi è preso un colpo. Ma ho dissimulato, giuro! Sto diventando bravissima a dissimulare.
La mattina, dopo muniti di entusiasmo e una giusta dose di fretta (il meteo prometteva pioggia nel pomeriggio), abbiamo raggiunto in pochi minuti la chiesa di Colfosco (1645mt), un piccolo e delizioso edificio col suo fascino minuto di chiesetta di montagna. Da qui parte la strada che permette di raggiungere il Rifugio Edelweiss. Da prima è una strada asfaltata, ma poi si fa sempre più sterrata e, comunque, fin dal primo passo mantiene una pendenza che la dice lunga sull’intera salita alla vetta. Mettiamo subito le cose in chiaro: salire al Sassongher non richiede troppo tempo, ma di certo pretende buone gambe e buoni polmoni perché la strada è molto, ma molto ripida. E infatti già dopo i primi minuti io stavo ansimando e, come mio solito, mi stavo togliendo i 110 strati di vestiti che mi ero messa addosso appena avevo messo il naso fuori dall’hotel. Ma questo è normale.
Sbagliare strada dal Rifugio Edelweiss è praticamente impossibile. Per salire al Sassongher basta prendere il sentiero 4 e andare dritti per dritti attraverso la Valle Stella Alpina. Bisogna solo fare attenzione a dribblare gli animali lasciati liberi al pascolo, ma non è nulla di così infattibile. Insomma non è che giochino a mettervisi in mezzo ai piedi. In effetti i cavalli (o erano asini?) che brucavano l’erba intorno al rifugio non sembravano interessati a fare da ostacoli sul sentiero, non come certe mucche che si incontrano sul Col di Lana, ma lasciamo stare: questa è un’altra storia.
Il lato positivo di procedere per una salita che in ogni suo centimetro è sicura di essere una salita (davvero? Neanche un piccolo dubbio? Una minima esitazione a forma di vaga pianura? Niente? Ok Sassongher, come vuoi tu: e tutta salita sia!) è che alla fine impari una delle regole auree dell’andare in montagna: tappati la bocca e risparmia il fiato! Il che è difficile per me perché, se non si fosse ancora capito, io sono una di quelle persone a cui vengono in mente milioni di cose da dire proprio quando non dovrebbe dirle e così quando vado in montagna divento logorroica, più del solito per lo meno. Però il Sassongher ha fatto il gran miracolo di azzittire anche me. Credo che il Signor Coso lo abbia amato per questo, ma non ho prove: è troppo furbo per ammettere che è vero.
L’unico bivio che si incontra sul sentiero 4 è alla Forcella del Sassongher (2435mt). Da qui se si gira a sinistra si può raggiungere l’altopiano del Puez mentre a destra si dipana il sentiero 7 che raggiunge la vetta del Sassongher.
Se il sentiero 4 è ripido ma arioso e tranquillo, il sentiero 7 è a tratti esposto e ancora più ripido. Avanza su ammassi detritici e gradoni di roccia che, però, non ricordo mi abbiano fatto cadere, anche se questa mia stabilità è davvero poco probabile. È più probabile, invece, che io sia caduta talmente tante volte che il mio orgoglio ferito ha lavorato per produrre una chiara e ovvia amnesia selettiva. Sarebbe facile scoprire la verità se non fosse che anche il Signor Coso sembra ricordare poco di questa salita. Sarà che non ci sono successe grandi tragedie; o forse il mio orgoglio ha prodotto un’amnesia anche per lui… è un tipo inquietante il mio orgoglio... Quindi per non istigarlo a far esplodere questo blog e venire a cercare tutti i suoi lettori atteniamoci alla versione di una me stabile e salda sulle sue gambe manco fossi un capriolo. L’ultima parte del sentiero è forse il punto più delicato perché si procede con funi metalliche. Sono pochi metri di sentiero attrezzato, ma potrebbe mettere in difficoltà un escursionista inesperto che ignora di trovarselo lì, a qualche metro dalla vetta. Se si riesce a tenere duro e a superarlo, però, si raggiunge finalmente la cima del Sassongher (2665mt) da cui si può ammirare una bellissima vista sulla Val Badia, o almeno così mi hanno detto. Perché – ebbene sì – il meteo non mentiva. Quando siamo arrivati in vetta ancora non pioveva, ma una gigantesca nuvola aveva deciso di anticiparci, prendere possesso della cima e reclamarla come suo possedimento. Un gesto decisamente prepotente se posso dire la mia. Il risultato, comunque, è stato che abbiamo visto tanto grigio tutto intorno. Cosa che si può vedere anche in Val Padana senza farsi 1.020 metri di dislivello, ma va beh.
Siccome, appunto, il meteo non sembrava aver sbagliato il Signor Coso e io ci siamo goduti la vetta il tempo necessario a individuare uno stambecco (o era un capriolo?) sul massiccio di fronte e poi abbiamo ricominciato in tutta fretta la discesa.
La cosa buffa è che passavamo accanto a persone che erano chiaramente intenzionate a stazionare in vetta durante il temporale che sarebbe esploso di lì a qualche ora perché restavano a banchettare sulle rocce o salivano quietamente in ritardo verso la cima. Per cui a guardarci da fuori la scena doveva apparire così: una matassa di gente tranquilla, serena e assennata e due pazzi che si affrettavano a tornare giù dopo essere stati neanche un minuto in vetta. Per amor di cronaca: poi ha piovuto davvero però.
Comunque la discesa è lungo lo stesso sentiero di salita, quindi c’è poco da raccontare. Giusto che ci siamo fermati al Rifugio Edelweiss a mangiare. Il Signor Coso si è spazzolato via una Kaiserschmarrn; ci ha tenuto a specificarlo, vai a capire perché: immagino fosse buona. Di quello che ho mangiato io, come al solito, non ho memoria. In realtà le cose che ricordo meglio di tutta questa escursione sono il terreno brullo e grigio del Sassongher e la frase che mi sono canticchiata in testa a ripetizione per tutte le 6 ore del giro: “sei tu l’inizio di ogni cosa che tu immagini e sei la fine di ogni limite che superi, sei tutti i limiti che superi”. Dieci punti a chi indovina che canzone è senza andare a vedere su Google (dai, che è facile)!
La salita al Sassongher
Il lato positivo di procedere per una salita che in ogni suo centimetro è sicura di essere una salita (davvero? Neanche un piccolo dubbio? Una minima esitazione a forma di vaga pianura? Niente? Ok Sassongher, come vuoi tu: e tutta salita sia!) è che alla fine impari una delle regole auree dell’andare in montagna: tappati la bocca e risparmia il fiato! Il che è difficile per me perché, se non si fosse ancora capito, io sono una di quelle persone a cui vengono in mente milioni di cose da dire proprio quando non dovrebbe dirle e così quando vado in montagna divento logorroica, più del solito per lo meno. Però il Sassongher ha fatto il gran miracolo di azzittire anche me. Credo che il Signor Coso lo abbia amato per questo, ma non ho prove: è troppo furbo per ammettere che è vero.
L’unico bivio che si incontra sul sentiero 4 è alla Forcella del Sassongher (2435mt). Da qui se si gira a sinistra si può raggiungere l’altopiano del Puez mentre a destra si dipana il sentiero 7 che raggiunge la vetta del Sassongher.
Se il sentiero 4 è ripido ma arioso e tranquillo, il sentiero 7 è a tratti esposto e ancora più ripido. Avanza su ammassi detritici e gradoni di roccia che, però, non ricordo mi abbiano fatto cadere, anche se questa mia stabilità è davvero poco probabile. È più probabile, invece, che io sia caduta talmente tante volte che il mio orgoglio ferito ha lavorato per produrre una chiara e ovvia amnesia selettiva. Sarebbe facile scoprire la verità se non fosse che anche il Signor Coso sembra ricordare poco di questa salita. Sarà che non ci sono successe grandi tragedie; o forse il mio orgoglio ha prodotto un’amnesia anche per lui… è un tipo inquietante il mio orgoglio... Quindi per non istigarlo a far esplodere questo blog e venire a cercare tutti i suoi lettori atteniamoci alla versione di una me stabile e salda sulle sue gambe manco fossi un capriolo. L’ultima parte del sentiero è forse il punto più delicato perché si procede con funi metalliche. Sono pochi metri di sentiero attrezzato, ma potrebbe mettere in difficoltà un escursionista inesperto che ignora di trovarselo lì, a qualche metro dalla vetta. Se si riesce a tenere duro e a superarlo, però, si raggiunge finalmente la cima del Sassongher (2665mt) da cui si può ammirare una bellissima vista sulla Val Badia, o almeno così mi hanno detto. Perché – ebbene sì – il meteo non mentiva. Quando siamo arrivati in vetta ancora non pioveva, ma una gigantesca nuvola aveva deciso di anticiparci, prendere possesso della cima e reclamarla come suo possedimento. Un gesto decisamente prepotente se posso dire la mia. Il risultato, comunque, è stato che abbiamo visto tanto grigio tutto intorno. Cosa che si può vedere anche in Val Padana senza farsi 1.020 metri di dislivello, ma va beh.
Il ritorno a Colfosco
La cosa buffa è che passavamo accanto a persone che erano chiaramente intenzionate a stazionare in vetta durante il temporale che sarebbe esploso di lì a qualche ora perché restavano a banchettare sulle rocce o salivano quietamente in ritardo verso la cima. Per cui a guardarci da fuori la scena doveva apparire così: una matassa di gente tranquilla, serena e assennata e due pazzi che si affrettavano a tornare giù dopo essere stati neanche un minuto in vetta. Per amor di cronaca: poi ha piovuto davvero però.
Comunque la discesa è lungo lo stesso sentiero di salita, quindi c’è poco da raccontare. Giusto che ci siamo fermati al Rifugio Edelweiss a mangiare. Il Signor Coso si è spazzolato via una Kaiserschmarrn; ci ha tenuto a specificarlo, vai a capire perché: immagino fosse buona. Di quello che ho mangiato io, come al solito, non ho memoria. In realtà le cose che ricordo meglio di tutta questa escursione sono il terreno brullo e grigio del Sassongher e la frase che mi sono canticchiata in testa a ripetizione per tutte le 6 ore del giro: “sei tu l’inizio di ogni cosa che tu immagini e sei la fine di ogni limite che superi, sei tutti i limiti che superi”. Dieci punti a chi indovina che canzone è senza andare a vedere su Google (dai, che è facile)!
Scheda dell'escursione
Partenza: Colfosco (a piedi)
Arrivo: Colfosco (a piedi)
Difficoltà: EE
Durata: 6 ore circa
Dislivello: 1.020mt
Le fotografie sono mie e del Signor Coso
Difficoltà: EE
Durata: 6 ore circa
Dislivello: 1.020mt
Le fotografie sono mie e del Signor Coso