venerdì 28 settembre 2018

LA SALITA AL MONTE AQUILA

#GIROGIROCOSO: UN FERRAGOSTO MARE E MONTI

Udite! Udite! #GiroGiroCoso è fra noi! Festeggiate e suonino le trombe! La rubrica delle avventure del Signor Coso è qui per farvi sognare. E per cominciare vi porta sull’ottava cima più alta del Gran Sasso: il Monte Aquila


Cavalli al pascolo a Campo Imperatore. Sullo sfondo il Monte Aquila e il Corno Grande
Cavalli nella piana di Campo Imperatore. Sullo sfondo il Monte Aquila e il Corno Grande

Cos’è #GiroGiroCoso


Lo so cosa vi state chiedendo: “e adesso cos’è questa storia di #GiroGiroCoso?”.

C’è stato un tempo in cui il Signor Coso non era il Signor Coso, non era neppure un Coso! C’è stato un tempo in cui il Signor Coso era un bel batuffolo di bimbo che zompettava per le montagne e non si sognava neanche lontanamente di incontrare una folle come me sulla sua strada.

Ecco! Il Signor Coso aveva una passione per la montagna molto prima che l’avessi io, in fin dei conti questa passione me l’ha trasmessa lui, e quindi ha nella sua saccoccia un pugno di escursioni che io non ho neanche mai visto da lontano. Così ho deciso di rubargliele e creare #GiroGiroCoso: la rubrica delle avventure del Signor Coso senza di me.

Su, su, non rattristatevi troppo per la mia assenza. Alcune di queste avventure hanno per protagonista un piccolo pacioccosissimo Signor Cosino, altre invece vedono il Signor Coso in carne e ossa e tutti i 190 cm di altezza che lo compongono. In qualche venerdì completamente random vi capiterà di leggerle. Non saprete mai quando arriveranno. Un giorno vi girerete e zac! #GiroGiroCoso sarà di nuovo lì! Tipo un maniaco con l’impermeabile… però più carino (e un po’ meno sconcio).

E adesso che le idee sono più chiare e abbiamo risposto a tutte le domande, silenzio in sala: comincia l’escursione!


Vista del Monte Aquila e del Corno Grande dal sentiero per la vetta del Monte Aquila
Panorama del Monte Aquila (a destra) e del Corno Grande (a sinistra)

La salita al Monte Aquila


L’escursione del Monte Aquila parte dall’Overlook Hotel che no, non è dentro un DVD di Kubrik ma a Campo Imperatore (2120m) perché è l’Hotel Campo Imperatore. E lassù potete arrivarci sia in funivia che in macchina e non vi preoccupate: di solito c’è parcheggio per tutti, anche per un po’ di più di tutti. Di solito, dico, perché se per caso metà popolazione mondiale decide che proprio quel giorno vuole andare a passeggiare sul Gran Sasso vi tocca tornare un po’ più in giù e parcheggiare lungo la strada. O per lo meno questo è toccato al Signor Coso e, d’altro canto, lo sapete voi quant’è metà della popolazione mondiale? Circa 3,5 miliardi di persone! Ora il Gran Sasso è grande però insomma! Anche lui prima o poi finisce.

Ecco! Da quel che dice il Signor Coso quel ferragosto, uno dei più assolati della storia, 3,5 miliardi di persone avevano deciso di riunirsi proprio lì, a Campo Imperatore, e non la finivano più di arrivare. Ce ne era proprio per tutti i gusti! Qualche indiano navajo, degli eschimesi e alaskesi qualche portatore yogistano, una manciata di pinguini artici, e c’erano pure un paio di Atlantidesi. Insomma c’erano proprio tutti e si stava un po’ stretti. Il Signor Coso però è un tipo serafico: ha fatto un bel respiro, ha parcheggiato nel primo anfratto disponibile, e via a camminare sul sentiero che sale da Campo Imperatore al Rifugio Duca degli Abruzzi passando accanto all’Osservatorio.

Superando il sentiero a sinistra che porta a Pizzo Cefalone, si sale dritti per un sentiero a zig zag, però dopo già 10 minuti si abbandona lo zig zag per intraprendere la traccia a destra che si allontana dal Monte Portella e punta diretta alla Sella del Monte Aquila (2335m).

La sella non è la vetta, che altrimenti si chiamerebbe vetta e questa storia sarebbe già finita. Quindi no, la sella non è la vetta, ma un bel pezzo di mondo incastrato tra il Monte Aquila e il Corno Grande. Un pezzo di mondo che, per altro, in poco tempo precipita a insaputa del Signor Coso in un'altra sella, la Sella del Corno Grande (2421m). E anche questa, ovviamente, è la sella non la vetta. Se volete andare sulla vetta del Corno Grande, che poi è forse il monte per antonomasia che chi non conosce il massiccio crede sia IL Gran Sasso, dovete svoltare a sinistra verso la via normale. Che da lì si raggiunga la via normale me lo ha detto internet perché il Signor Coso era un po’ insicuro tra lei e la via delle creste. Lui era insicro, io invece le confondo proprio: il weekend scorso ho visto la via delle creste e credevo fosse la via normale… o era il contrario? Non ricordo proprio! 


La cresta del Monte Aquila
La cresta del Monte Aquila
Lasciandosi il Corno Grande sulla sinistra, invece, si può proseguire verso il Monte Aquila attraverso un tranquillo percorso erboso che non espone a nessun rischio e che sarebbe stato facilissimo affrontare se solo il Signor Coso quel giorno non avesse avuto sul groppone molto più peso del solito. Ebbene sì, in mia assenza il Signor Coso si è ritrovato a dover portare al posto della doppia borraccia (che così spesso ha portato sull’Appennino con me) un ben più pesante bastone da selfie. È un’attrezzatura che di solito non ci portiamo in vetta, e che comunque il Signor Coso non si è più portato dietro visto l’infelice conclusione… ma non affrettiamo i tempi! Voi intanto ricordatevi la parola selfie stick, e andiamo avanti.

Al termine di una cresta erbosa per niente esposta si raggiunge la vetta di questa collinetta che un po’ a tutti piace chiamare Monte Aquila (2495m). Da lassù si può godere una vista stupenda dei monti intorno, del Bivacco Bafile del Corno Grande, ma soprattutto del versante opposto della montagna che è, immagino, tipo l’arcinemico dell’alpinista. Perché dico così? Perché si chiama Valle dell’Inferno. Ora ditemi voi se può essere un luogo ameno e accogliente una valle chiamata “valle dell’Inferno”. È ovvio che sia una landa di lava e diavoli con i forconi. Mi sembra evidente che deve essere così! Per fortuna si sale dal lato opposto su questa bella vetta incoronata da una croce di ferro rosso.

Galeotta fu proprio la croce. Perché il Signor Coso, stanco di farsi i selfie con il selfie stick, ha pensato bene di chiedere a un signore in vetta con lui di fargli una foto. Compito del signore: fare una foto che riuscisse a ritrarre il Signor Coso, sua madre e la croce in un colpo solo. Procedura di scatto del signore: indietreggiamento di qualche metro, individuazione dell’angolo migliore, accensione dei faretti per illuminare perfettamente la scena, acquattamento sulle punte per l’effetto “fotografo acrobatico”, preparazione di Photoshop per i giusti ritocchi, lieve zoom. Foto del signore: la pancia del Signor Coso. Giuro che è stato così! Allego prove fotografiche alla fine dell’articolo (prego per le risate).

E quindi niente: ditemi voi se quel bastone dei selfie non è stato il più inutile peso della storia!


Croce di vetta del Monte Aquila
La croce di vetta del Monte Aquila

La discesa dal Monte Aquila


Dalla vetta del Monte Aquila le scelte sono molteplici: si potrebbe intraprendere la direttissima per il Corno Grande (che però è una salitona alquanto alpinistica quindi nel caso portatevi un casco) oppure ridiscendere verso il Brancastello proseguendo per la via di salita e raggiungendo Vado di Corno.

La scelta del Signor Coso è stata quella di fare dietro front e tornare sui suoi passi. Quindi sulla via di discesa non c’è molto da dire, se non che arrivati verso il Rifugio Duca degli Abruzzi sua madre e lui hanno assistito all’atterraggio di un elicottero. A dire il vero non capita tutti i giorni di veder atterrare un elicottero in montagna, per cui è comprensibile che questo evento li abbia abbastanza colpiti al punto che la mamma del Signor Coso ha deciso di fotografarlo.

Ovviamente per far entrare un elicottero nella foto bisogna stare un po’ lontani così indietreggia tu che indietreggio anche io, un passo indietro tu un passo indietro io… inciampa tu che inciampo anche io. Malefico montarozzo di 10 centimetri di terra ed erba alle sue spalle! Per fortuna che non c’era un burrone se no faceva la fine di Rowan Atkinson in Hot Shots 2 (se non sapete di che parlo vedetevi il video qui sotto).



Comunque visto che sua madre era incredibilmente sopravvissuta al montarozzo, il Signor Coso ha pensato bene di farle scoprire il vero capolavoro di Campo Imperatore: Mucciante! Infatti dall’albergo Campo Imperatore in macchina bastano dieci minuti per arrivare alla macelleria di Fonte Vetica, ai piedi del Monte Camicia, e strafogarsi di arrosticini. Sempre che si riesca a raggiungere il bancone visto la fila che c’è sempre. E quel giorno, per altro, tutte le 3,5 miliardi di persone si erano spostate dalla vetta alla macelleria. Mica stupidi eh! Così il Signor Coso ha dovuto far la fila. Per fortuna che aveva fatto amicizia con i pinguini antartici, un po’ meno simpatici i portatori yogistani a suo dire: con tutti quei rumori di stomaco…

Alla fine della giornata i nostri due poveri eroi erano stanchi di essere circondati di gente, così hanno pensato di scappare dal Gran Sasso e se ne sono andati a Torvaianica. Sì avete letto bene: Torvaianica, Lazio, Mar Tirreno, 0 m.s.l.m. Insomma da 0 a 100… e c’hanno trovato gli altri 3,5 miliardi di persone che non erano stati a Campo Imperatore. Che Ferragosto solitario! 


Il sentiero del ritorno dal Monte Aquila verso l'Osservatorio
Il sentiero di ritorno dal Monte Aquila verso l'Osservatorio di Campo Imperatore

Scheda della ferrata:


Partenza: Campo Imperatore (a piedi)
Arrivo: Campo Imperatore (a piedi)
Difficoltà: E
Durata: 2.30 ore circa
Dislivello: 400m

Rifugi: Rifugio Duca degli Abruzzi

Foto della pancia del Signor Coso invece che del Signor Coso con la croce di vetta del Monte Aquila
La miglior foto della storia del Signor Coso!

Tutte le foto sono del Signor Coso tranne la foto della pancia del Signor Coso… quella è dello Steve McCurry della montagna. Grazie sconosciuto amico per le risate!

venerdì 21 settembre 2018

6 CONSIGLI PER UNA PRIMA ESCURSIONE PERFETTA

OSSIA LE COSE CHE AVREI VOLUTO SAPERE DURANTE LA MIA PRIMA VOLTA


Ammettiamolo: non nasciamo tutti con le scarpe da trekking incorporate, purtroppo. Qualcuno, come me, si innamora della montagna solo da grande, per i motivi più svariati, e in fin dei conti certo non ne mancano! Ma innamorarsi non è mica sufficiente: cominciare a fare escursionismo richiede talmente tante conoscenze e competenze che i consigli per i principianti potrebbero non finire mai. D’altro canto non è mica un caso se la maggior parte degli incidenti in montagna avvengono su sentieri non difficili: spesso gli “escursionisti della domenica” ignorano persino le regole base.

Ma come iniziare nel modo migliore la propria avventura nel mondo dell’escursionismo? Beh, per cominciare potete assicurarvi di avere una grande prima volta seguendo 6 semplici consigli che mi sarebbe tanto piaciuto conoscere alla mia prima escursione




1) ALLENATEVI


Dovete sempre essere consapevoli del vostro livello di allenamento, soprattutto quando siete alla vostra prima volta e non sapete bene che impegno fisico richiede l’escursionismo. Siete Mike Tyson o siete un pachiderma spiaggiato sul divano come me? Dalla risposta a questa domanda consegue la scelta dell’escursione: è fondamentale scegliere un percorso in linea con il proprio stato di allenamento. Il rischio è quello di sopravvalutarsi e affrontare un’escursione che vi porti al vostro limite massimo o addirittura a superarlo. E vi posso assicurare per esperienza diretta che non è divertente: le Torri di Casanova, con il loro sentiero-trappola mortale, mi hanno insegnato molto bene questa lezione! D’altro canto la fatica e la stanchezza sono alcune delle principali cause di infortuni. Ma non temete: ci sono alcuni ottimi allenamenti, anche quotidiani, per prepararsi per l’escursionismo.



2) DOCUMENTATEVI SULL’ESCURSIONE


Non è mai una buona idea affrontare un’escursione senza conoscerla a fondo. La cosa migliore è documentarsi nel dettaglio durante i giorni precedenti, specie se si va in luoghi isolati o mal gestiti e senza segnali (qualcuno ha detto Appennino?). Una documentazione approssimativa o superficiale ha il potere di trasformare anche la più facile delle escursioni in un incubo ad occhi aperti e piedi doloranti senza fine e soprattutto senza più senso dell’orientamento. Se è capitato a me sul facilissimo sentiero di Rocca Calascio può succedere anche a voi ovunque! Quindi bisogna conoscere bene: da dove partire, dove arrivare, la pendenza e il dislivello e possibilmente i punti dove potersi appoggiare e riposare (rifugi, bivacchi, paesi a cui si passa vicino…) e le fonti d’acqua, specie per le escursioni di più giorni. Come fare? Semplice! Con mappe, riviste e libri specialistici e qualche buon sito sparso nell’infinito web. Un paio di nomi per cominciare la vostra ricerca al meglio: VieNormali.it e VieFerrate.it.



3) STATE ATTENTI AL METEO


Sapete quanto velocemente cambia il tempo in montagna? E quanto può diventare pericoloso trovarsi in vetta o in cresta o senza riparo durante un temporale? È importantissimo evitare che succeda! Per questo dovete sempre informarvi sulle condizioni metereologiche già 2 giorni prima dell’escursione. La probabilità che il meteo visto il giorno prima sbagli è minima. Potreste organizzare per tutta la settimana un’uscita ed essere costretti a rinunciarvi quando avete già lo zaino pronto. Lo so che brucia, ma meglio non correre rischi. E se proprio non ci state a restare a becco asciutto (e se il tempo non promette proprio nubifragi e piaghe divine) munitevi di piano B: un’escursione più breve, più facile, più vicina al centro abitato, meno esposta, meno in quota… insomma un’escursione più fattibile. Ma soprattutto, in ogni caso, partite presto: tendenzialmente in montagna piove il pomeriggio e in più partire presto significa approfittare di tutte le ore di luce.

Purtroppo non sempre si riesce a evitare di imbattersi nel cattivo tempo, anche prendendo tutte le precauzioni del caso. Per questo motivo bisogna sempre guardarsi intorno e saper riconoscere tutti gli indizi di buono o cattivo tempo che la natura ci offre.



4) SCEGLIETE BENE L’EQUIPAGGIAMENTO E L’ABBIGLIAMENTO


Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare: gente in scarpe da ginnastica sulla ferrata del Piccolo Cir, ragazzi in jeans e Eastpack su un Monte Prena freddo e ostile. La follia nelle scelte dell’equipaggiamento e dell’abbigliamento in montagna è all’ordine del giorno. Basta andarci un paio di volte per incontrare inesperti senza il giusto materiale, e se non vi è mai capitato allora forse siete voi quegli inesperti. Ma come evitarlo? Intanto portando le cose necessarie: giacca a vento, cambio, occhiali da sole (che vi eviteranno una bella congiuntivite attinica) etc… Poi ovviamente scegliendo le scarpe giuste, che non è mai una cosa così facile, e anche lo zaino perfetto, altra piccola sfida. E una volta che avete tutto… beh! Dovete farcelo stare nello zaino, ma non temete: per questo ci sono tecniche ad hoc.


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5) STATE ATTENTI ALL’ALIMENTAZIONE E AL SONNO


La vostra prestazione durante l’escursione non dipenderà soltanto dall’allenamento giornaliero che fate (o non fate). In realtà mantenere la giusta alimentazione e dormire abbastanza potrebbe davvero fare la differenza tra un disastro di escursione e un’uscita perfetta. Per cui sì, ha ragione vostra nonna: la colazione è il pasto più importante della giornata. Basta prendere solo un caffè, vi toccherà mangiare, mangiare tanto e bene. Non sarà sufficiente, però, solo questo. L’intera dieta dei giorni precedenti sarà determinante, quindi bisogna fare caso a quanti carboidrati, quanti grassi, quante proteine e quante vitamine si assumono. D’altro canto c’è una dieta specifica per chi vive la montagna. Per esempio la cosa migliore è cenare il giorno prima con dei carboidrati (pasta, riso, cereali…) e non farlo tardi perché anche andare a dormire presto è essenziale per avere migliori riflessi e ottime capacità cognitive. E soprattutto ricordatevi di bere durante l’escursione: minimo un litro d’acqua, meglio ancora se due. Quindi non osate scordarvi di riempire la borraccia perché sarà allora che il vostro sentiero pieno di corsi d’acqua diventerà un sentiero pieno di fango, non è vero Sentiero dei Tedeschi?



6) NON LASCIATE TRACCIA



Quando si va in montagna è importante seguire delle regole non scritte, un galateo montanaro che prevede soprattutto un principio: non lasciare traccia. In molti casi la montagna è ancora uno dei pochi luoghi incontaminati del mondo. È laggiù che si può ritrovare la natura, quella vera, quella indomita, quella che si estende ben al di là degli ordinati confini d’asfalto di un parco urbano. È laggiù che l’uomo torna a essere mero ospite, un ospite che, come tutti gli ospiti, deve essere educato, rispettoso e ammodo. Questo significa non sporcare, né con i rifiuti né con i propri bisogni fisiologici. Ecco perché esistono strategie per occuparsi anche di questo. In fin dei conti anche questo è escursionismo (forse il lato oscuro, certo il più scomodo, dell’escursionismo).




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Ecco qua 6 piccoli consigli per essere certi di avere una grande prima volta in questo mondo stupendo che è l’escursione in montagna. Ora sì che potete stare sereni e se proprio esitate ancora vi regalo un ultimo consiglio bonus: usate sempre la testa e se vi trovate davvero in difficoltà chiedete aiuto chiamando il 112 o il 118. Ricordate, però, questa è l’estrema ratio non la soluzione facile.

venerdì 14 settembre 2018

LA SALITA A SULZENAU ALM

LA VOLTA CHE “COME È IN SALITA QUESTO SENTIERO IN QUOTA…”


La scorsa settimana vi ho lasciato in sospeso a metà del WildeWesserWeg, il Sentiero delle Acque Selvagge, a rimirare la bellezza della cascata Grawa, ma ora basta poltrire: è ora di affrontare la seconda tappa di questo sentiero diviso in tre fasi (e no, prima che lo pensiate: la terza tappa noi non l’abbiamo fatta)! E allora ecco qui un’escursione decisamente diversa da quella che mi aspettavo: la salita a Sulzenau Alm.


La malga Sulzenau Alm con la cascata Sulzenau sullo sfondo
La valle della malga Sulzenau Alm con la cascata Sulzenau che troneggia nella scena

Dalla cascata Grawa a Sulzenau Alm


Per essere completamente onesti la seconda tappa del WildeWesserWeg porterebbe fino al rifugio Sulzenau Hütte, ma questo nuovo tratto è decisamente diverso dalla prima tappa: tanto l’escursione alla cascata Grawa è facile e pianeggiante quanto questa è pendente e scivolosa.

Abbandonata la seconda pedana panoramica della cascata infatti si prosegue all’interno del bosco su un terreno dove il grip non è dei migliori. Certo, forse aver affrontato questa escursione il giorno dopo il diluvio universale non è stata proprio la scelta migliore: il terreno era bagnato e scivoloso e le roccette insidiose. Per fortuna i pontili di legno che costellano i 600 metri e passa di dislivello di questa escursione lungo la cascata aiutano a procedere senza troppa difficoltà. Purtroppo, però, non evitano la fatica. Ricordate quando la settimana scorsa vi ho detto che credevo che il WildeWesserWeg fosse un sentiero tutto più o meno in quota? Ecco! Mi sbagliavo alla grande! La seconda tappa ha un dislivello totale di 800 metri. Lo so che state pensando: “ma come facevi a credere che sarebbe stato un sentiero in quota con 800 m di dislivello?”. Beh, pensavo che fosse molto più lungo, ovviamente! E invece era uno “sputo” di sentiero, però uno sputo molto, ma molto verticale. Ahi! Poveri i miei polpacci! E io che mi volevo riposare dopo la ferrata Fernau…

Per altro il piccolo inaspettato infame (venduto dagli austriaci come sentiero per famiglie e bambini. Non mi stancherò mai di dirlo: gli austriaci non sanno proprio cosa si intenda per “sentiero adatto a famiglie e bambini”) è un via vai di strette curve che ogni volta danno la speranza che la tortura stia per finire e invece non finisce mai. Unica consolazione era quando gli alberi si aprivano e si poteva godere della vista di quei gigantici titani che erano le Alpi intorno a noi e, in lontananza ma neanche troppo, il ghiacciaio Stubai.

Qua e là, lungo la salita, si incontrano anche staffe di ferro che sulle prime ci hanno fatto alquanto ridere: dovete sapere che le ferrate austriache sono attrezzate il minimo necessario; non troverete mai una staffa in più del dovuto. Eppure eccole lì, nel bel mezzo del terriccio del sottobosco che si distanzia finalmente dalla cascata, tre staffe di ferro. Ma che diamine ci facevano lì? Ma gli austriaci proprio non la sanno la differenza tra una klettersteig e un sentiero? Stupidi noi, in realtà: in discesa, su quel sentiero scivoloso, quelle staffe sono decisamente utili!

Dopo una salita potenzialmente infinita si arriva all’unico bivio di quest’escursione. È qui che la speranza si fa di nuovo viva. A destra un sentiero corre in discesa, a sinistra un altro prosegue affaticato in salita e tu, ancor prima di essere arrivato a poter leggere il cartello, ti fai un rapido calcolo mentale e a quel punto sai, non lo credi lo sai, che quegli 800 metri di dislivello sono finiti là. Poi arrivi al cartello e ti ricordi che in matematica hai sempre fatto schifo: il tuo è il sentiero a sinistra, in salita, e muori un po’ dentro. Quello a destra invece dove va? Non c’è nessuno che lo sa, tralallalallala! No a parte gli scherzi, va in un qualche posto con la “b”, mi sembra, ma a occhio e croce il Signor Coso scommette che porta verso Mutterbergalm (o lì vicino comunque). Sì, non siamo la guida turistica più affidabile del mondo!

Il malefico cartello del bivio giura che Sulzenau Alm dista da lui solo 15 minuti, ma non è vero, oppure il Signor Coso e io facciamo pena… uno dei due… forse tutti e due. Dopo 15 minuti noi abbiamo raggiunto solo l’ingresso alla valle che si nasconde sulla cima della cascata Grawa. A nostra difesa però la pendenza fino alla valle è decisamente elevata e c’è anche un tratto insidioso dove il sentiero si fa particolarmente stretto e roccioso e dalla conformazione del terreno è evidente che appena inizia a piovere con un po’ più di intensità nasce anche lì d’improvviso un bel fiume.

Arrivati alla valle, comunque, si capisce perché veramente vale la pena di affrontare questa piccola fatica. La valle pianeggiante si apre tondeggiante e verde come l’Eden all’interno di una corona di Alpi, dopo un paio di ponticelli che permettono di attraversare facilmente l’intenso, scrosciante e poderoso fiume che metri più in là si getta nella cascata più larga delle Alpi Orientali: la cascata Grawa.

Sebbene l’ingresso alla valle attraverso un cancelletto mi avesse fatto ricordare il giardino segreto, una volta che l’intero panorama si è aperto dinnanzi a me sono stata certa che il paragone letterario più corretto fosse Gran Burrone (e se non sapete che cos’è Gran Burrone vuol dire che non vi siete mai letti uno dei più grandi capolavori della letteratura… shame on you!). L’intera valle e la sua cornice sono uno sciabordio di acque, torrenti e fiumi. Tre cascate scendono rapide dalle pareti più in lontananza della valle; tra di loro c’è anche la cascata Sulzenau, una delle più alte delle Alpi Orientali. Anche da lontano sa ipnotizzare: nel momento in cui la vedi c’è solo lei nella valle. Per questo motivo, nonostante la stanchezza, abbiamo subito superato il rifugio Sulzenau Alm (1847 m) e ci siamo spinti fino ai suoi piedi. Meravigliosa, modica eppure sublime al tempo stesso.

A coronare questo “piccolo” spettacolo della natura c’è lui: il rifugio Sulzenau Hütte (2196 m) la nostra meta originale per questa escursione. Sapete perché non ci siamo arrivati? Perché dalla base della cascata parte un ripido sentiero zig zagante che in un’ora (fidandosi del cartello, ma magari è bugiardo come il suo predecessore) ti ci porterebbe in cambio, soltanto, di sangue e sudore (e forse di un piccolo infarto da parte mia). Insomma non eravamo proprio nelle condizioni ideali; o meglio io non ero nelle condizioni ideali: il Signor Coso era abbastanza pimpante e infatti io ho rischiato un infarto già solo per la paura che lui mi proponesse davvero di finire l’escursione così come l’avevamo programmata. Invece, complice anche il tempo che volgeva al peggio, abbiamo deciso di girare i tacchi e tornare indietro. 



La seconda tappa del WildeWesserWeg verso Sulzenau Alm
La strada verso la malga Sulzenau Alm

Il ritorno da Sulzenau Alm a Grawa Alm


Prima di ricominciare la discesa ci siamo fermati a pranzo al rifugio Sulzenau Alm, una bomboniera di statue, sedie, tavoli e praticamente qualsiasi altra cosa intagliate nel legno. Questo è un rifugio un po’ particolare: per ordinare bisogna affacciarsi alla finestra (manco fossimo al McDrive) e in sostanza è tutto molto self service. Il menu non è ricchissimo e siccome non abbiamo avuto il coraggio di provare la zuppa di wurstel (chissà perché, a guardarla dopo sembrava buona) abbiamo optato per due porzioni di wurstel mit brot, ossia wurstel con pane (e senape). In realtà noi volevamo anche una Kaiserschmarren, ma nonostante sul loro sito promettano una cucina calda tutto il giorno citando proprio la Kaiserschmarren ci hanno detto che a pranzo non lo fanno… o che le uova arrivavano dopo pranzo… o che i marziani se l’erano mangiate tutte. Insomma parlavano tedesco! Il Signor Coso lo sta imparando, ma non è così certo della sua traduzione dopo che gli ho detto del sito (ma potrebbe anche darsi che è Google Traduttore che mente: anche il sito è in tedesco).

Senza dolce abbiamo finito il pranzo in tempo record e ancora più rapidamente abbiamo intrapreso la discesa perché io stavo gelando. Contro ogni nostra previsione, infatti, durante la salita avevamo sudato come dei maiali a causa della cappa di fuoco infernale del bosco che manco la Tiburtina in piena estate (questa la capiscono giusto i romani… traduzione poco fedele e meno calda per tutti gli altri: “la cappa di fuoco infernale del bosco che manco il Sahara a mezzogiorno”). Nella valle, però, regnavano vento, umidità e nuvole il che, sommato al sudore di cui sopra, mi assicurava una bella broncopolmonite. Così mi sono immediatamente tramutata in Gengis Khan e ho moderatamente e tranquillamente proposto al Signor Coso di ritornare.

Il ritorno è per la stessa via di salita. Fate attenzione quando scendete a non scivolare sia a causa del terreno, che in realtà è una specie di materasso elastico che si affossa ad ogni passo per poi rimbalzare in alto, sia per colpa delle pedanine di legno che vi sembreranno pianeggianti, ma in realtà sono scalette: c’è della profondità tra uno scalino e l’altro! E già che ci state mentre scendete divertitevi con la disperazione degli escursionisti che salgono e che scoprono da voi che manca ancora tanto. Una ragazzina quando glielo abbiamo detto ha letteralmente urlato isterica “come si sale?”. Ragazzina, ovunque tu sia, io sono con te! Ma soprattutto padre della ragazzina che l’hai trascinata fino a lì… ti sono vicina: immagino il mastino infernale che tua figlia ti ha sguinzagliato contro dopo questa piccola rivelazione.

Per fortuna la discesa è sempre più rapida della salita, così in relativamente breve tempo, il Signor Coso e io ci siamo ritrovati al rifugio Grawa Alm a bere una cisterna di birra a testa. A essere onesti una cisterna e mezza se l’è bevuta il Signor Coso perché io continuavo a scambiare magistralmente i nostri bicchieri per ritrovarmi sempre di fronte quello più vuoto. Perché questo trucco di magia? Perché avevamo l’autobus che arrivava a breve e io sono lenta a bere. Ohibò! Dio della birra perdonami per questo peccato!



Il fiume che scorre nella Sulzenau Alm e che diventa la cascata Grawa
L'ingresso sul fiume per la malga Sulzenau Alm

Bonus track: da Milders a Neustift im Stubaital per il lungofiume


Nonostante la fatica dell’escursione e la birra di troppo che riempiva il Signor Coso come una piñata, arrivati a casa abbiamo pensato di ripartire. Così da Milders, la frazione in cui soggiornavamo, abbiamo intrapreso il lungofiume che in una mezzora porta a Neustift im Stubaital. Se avete una mezzoretta da occupare non è una passeggiata così male però sappiate questo: il primo tratto è piuttosto triste, non si vede neanche il fiume, mentre quello dopo l’attraversamento del ponte migliora nella vista del fiume a destra ma non in quella di Neustift, visto che un’immensità di casette turistiche si susseguono incessantemente sulla sinistra. In compenso se avete una bicicletta è una bella pista ciclabile. Per altro proprio qui abbiamo incontrato nuovamente la famiglia della ragazzina. State tranquilli, il padre era ancora vivo: chissà come era riuscito a addomesticare il mastino infernale. Complimenti papà!



Una delle prime cascate che si vedono arrivando nella verde malga di Sulzenau Alm
Una delle cascate di Sulzenau Alm, vista dal rifugio omonimo

Scheda dell’escursione:


Partenza: Grawa Alm (a piedi)
Arrivo: Neustift im Stubaital (in autobus)
Difficoltà: E
Durata: 2,30 ore circa
Dislivello: 800 m
Rifugi: Rifugio Sulzenau Alm, Rifugio Grawa Alm


Tutte le fotografie sono mie e del Signor Coso

venerdì 7 settembre 2018

L'ESCURSIONE ALLA CASCATA GRAWA

LA PRIMA TAPPA DEL WILDEWASSERWEG, IL SENTIERO DELLE ACQUE SELVAGGE


Le vacanze sono finite, ahinoi! Ci tocca tornare a sgobbare. Almeno ve le siete godute un po’? Dove siete stati di bello? Il Signor Coso e io siamo stati nella meravigliosa valle Stubaital in Austria solo per voi! Ebbene sì, non siamo andati lì perché è una delle valli più belle che io abbia mai visto, ma solo per fare riserva di un po’ di escursioni e ferrate da raccontarvi nei prossimi freddi mesi cittadini. Siamo stati gentili no?! E quindi ecco qui la prima storia: l’escursione alla cascata Grawa!

Omini di pietra lungo l'argine del fiume che scorre nella Stubaital in Austria lungo la WildeWasserWeg sulla strada della cascata Grawa
Omini di pietra lungo la strada per la cascata Grawa

Da Nümberger Hutte a Tschangelair Alm


A essere completamente onesti noi questa estate volevamo andarcene in Val di Susa, poi per varie vicissitudini ci siamo dovuti riorganizzare. Così ci siamo affidati alla più scientifica e programmata strategia di decisione: il caso. Più o meno abbiamo girato il mappamondo e ci siamo affidati al dito del Signor Coso che avrebbe potuto puntare il Kilimangiaro, l’Antartide o – e questa sì che sarebbe stata una tragedia – le Hawaii (ma ve lo immaginate fare trekking alle Hawaii?!), ma per fortuna ha puntato una bella valle verdeggiante sotto Innsbruck dove abbiamo scoperto, inoltre, esserci un sacco di vie ferrate, di sentieri escursionistici e di alloggi a relativamente basso prezzo. Bravo dito!

Quindi verso i primi di agosto ci siamo ritrovati a Milders, una frazione di Neustift im Stubaital, delizioso paesino forse un po’ troppo turistico. E abbiamo pensato fosse il caso di alternare percorsi un po’ più impegnativi a sentieri per famiglie per – ehm – farmi riprendere fiato. Però, a essere onesti, il WildeWasserWeg, ossia il Sentiero delle Acque Selvagge, di cui l’escursione alla cascata Grawa è la prima tappa, non era inizialmente nei nostri piani.

Immaginatevi però di essere in Austria, in una valle piena di fiumi e fonti, consapevoli di essere a un passo da una cascata che mozza il fiato, dopo una giornata passata sulla ferrata Fernau a faticare, con una me completamente morta sul divano che a stento riesce ad alzare gli occhi, figurarsi camminare, e con un volantino proprio sulla bellezza della suddetta cascata e su quanto il Sentiero delle Acque Selvagge sia alla portata di tutti: famiglie, anziani, disabili, me morta… non mi avreste proposto anche voi di fare quest’escursione? Il Signor Coso lo ha fatto e ammetto che ancora non mi sono pentita di aver accettato.

Il punto di partenza di questa escursione è un po’ variabile. Nel senso che potete decidere quanto avanti sul WildeWasserWeg iniziare a camminare perché per arrivare in zona da Neustift im Stubaital è necessario prendere l’autobus (che per altro è gratuito 5 giorni su 7 se avete la Stubai Super Card, ossia soggiornando negli alloggi partner, o se come noi vi comprate la Stubai Card, che è uguale all’altra solo che si paga 66€). Noi siccome non volevamo farci tutta la valle a piedi, ma non volevamo neanche farci una passeggiata di 10 minuti siamo scesi alla fermata Nümberger Hütte, dove per altro c’è un comodo parcheggio gratuito se lo si vuole raggiungere in macchina.

Da qui bisogna fare solo un attimo attenzione a intraprendere il sentiero giusto, perché ce ne sono vari: il nostro è quello in basso a destra dando le spalle alla strada. È un sentiero nel bosco che, però, in pochissimo tempo (10/15 minuti) si ricongiunge alla strada asfaltata all’altezza di un parcheggio a pagamento. Qui bisogna attraversare la strada, passare sopra un ponte, e imboccare il sentiero a destra che prosegue lungo il fiume. Piccola precisazione obbligatoria: sui siti della valle dicono che questo percorso è percorribile anche con i passeggini ma, sebbene ne abbia visti un paio affrontare i sassi enormi che costellano la maggioranza del sentiero, mi pare poco comodo avventurarsi in un’impresa del genere, almeno che non si abbia un passeggino da Trial. Comunque dopo questa vacanza in Austria posso assicurarvi che i loro concetti di “facile” e “adatto a famiglie e bambini” non coincidono con i nostri. Poco ma sicuro!


Lungo tutto il lungofiume abbiamo incontrato a ripetizione degli omini di pietra, ossia quei montarozzi di sassi che così spesso si vedono in montagna, ma che qui erano così diffusi e fatti così bene (uno aveva persino una piccola pietra in testa a mo’ di cappello, giuro!) che mi hanno fatto supporre ci fosse dietro la mano di qualche artista. Purtroppo non ho avuto modo di scoprire nulla a riguardo per cui faccio un appello a voi: se sapete l’origine degli omini di pietra della Stubaital, se sapete il nome di un qualche artista che fa queste cose o anche solo se sapete perché questi montarozzi si incontrano sempre in montagna fatemelo sapere nei commenti qui sotto. È da allora che mi tormento a riguardo!

Dopo essere passati dentro a una fattoria (importante: chiudere sempre bene il cancello in questi casi e tenere i cani al guinzaglio per non disturbare le mucche!) e aver riattraversato nuovamente la strada siamo arrivati alla prima malga che si raggiunge con questa escursione: la Tschagelair Alm (1410 m), che ha ovviamente il suo bel rifugio.

Da Nümberger Hütte a Tschagelair Alm (vi sfido a indovinare come si pronuncia questo nome al primo colpo) sono circa 30 minuti di cammino e la pendenza è praticamente nulla e – giuro!- io credevo che il WildeWesserWeg fosse tutto così. Mi sbagliavo… ma non anticipiamo i tempi.


Fiume della Stubaital lungo il Sentiero delle Acque selvagge per raggiungere la cascata Grawa
Il fiume lungo il primo tratto della WildeWesserWeg, verso la cascata Grawa

Da Tschagelair Alm a Grawa Alm


Abbandonata la Tschagelair Alm si prosegue nel bosco per un sentiero ancora piuttosto pianeggiante. Tramite questo percorso si dovrebbe poter raggiungere la base della cascata Grawa, ma essendo io la tipa più fortunata del mondo (quella che l’unica volta che è andata a Londra l’ha trovata tutta in ristrutturazione, quella che ha fatto un salto sulla Marmolada solo per trovarla sciupata) poteva andare tutto liscio? Certo che no! Il sentiero era ovviamente chiuso per lavori. Come mai? Semplice perché le piattaforme panoramiche che lo componevano sono state spazzate via da un’alluvione nel 2017. Però non vi preoccupate: già nell’estate del 2019 dovrebbe essere aperta la nuova, meravigliosa, piattaforma lignea su cui sarà possibile sdraiarsi per godersi in pieno la vista della cascata più larga delle Alpi Orientali. Ebbene sì: con i suoi 96 metri di larghezza la cascata Grawa si guadagna questo primato non da poco.

Nel frattempo, comunque, si è obbligati ad attraversare il fiume e a raggiungere immediatamente la seconda malga di questa escursione: Grawa Alm, dove si trova l’omonimo rifugio (1530m).


La cascata Grawa vista da una delle piattaforme panoramiche
La cascata Grawa

La salita lungo la cascata Grawa


Ovviamente l’escursione non finisce qui. Superando Grawa Alm si incontra un secondo ponte che permette di ritornare dal lato della cascata. Tornando un poco indietro si riesce a raggiungere la base della cascata Grawa che nel 1979 è stata dichiarata monumento naturale per quanto è bella.

Sebbene la piattaforma panoramica più ampia e bassa sia attualmente in costruzione non disperate: non sarete costretti a guardare i 160 metri della cascata a testa in su e farvi venire il torcicollo. Da qui si comincia a salire verso le due piattaforme metalliche che vi permetteranno di godervi di questo splendore a pieno e senza contorsioni. L’unica controindicazione è che i 120 metri di dislivello di quest’escursione sono praticamente concentrati tutti qui. Avvertite i vostri polpacci a riguardo! Per fortuna vi vengono in soccorso gli scalini sassosi, le scalette di legno e le pedanine di legno che vi accompagnano in questa salita nel bosco.

In poco si raggiunge sia la prima pedana (dopo circa 5 minuti), dove si trova anche una panchina per riposare se proprio si è stanchi, sia la seconda (dopo circa 15 minuti dalla prima). E qui finisce la prima tappa del WildeWesserWeg, con la vista di questa meravigliosa cascata che è capace di richiamare spettatori e scalatori anche nella stagione invernale, quando diventa teatro di grandiose arrampicate sul ghiaccio. D’altro canto è a un solo chilometro dal maestoso ghiacciaio Stubai che, però, – neanche a dirlo – era piuttosto sciupato pure lui quando lo sono andata a vedere. Che ci si poteva aspettare?!

Se volete a questo punto potete tornare sui vostri passi e andarvi a bere una buona birra al rifugio Grawa Alm, ma secondo me dovreste fare come noi: continuare per la seconda tappa del Sentiero delle Acque Selvagge, l’escursione che porta a Sulzenau Alm.


La cascata Grawa vista dall'alto verso il basso con la piattaforma panoramica in costruzione
I lavori della futura piattaforma panoramica visti dall'alto della cascata Grawa


Scheda dell’escursione:


Partenza: Neustift im Stubaital (in autobus)
Difficoltà: E
Durata: 1,30 ore circa
Dislivello: 120m
Rifugi: Rifugio Tschangelair Alm, Rifugio Grawa Alm


Tutte le foto sono mie e del Signor Coso