venerdì 9 marzo 2018

LA FERRATA DEL PICCOLO CIR

LA VOLTA CHE TORNO VIVA DALLA FERRATA MA POI MI SCHIANTO CONTRO UN ARBUSTO

Lo so: vi ho già raccontato della Ferrata BrigataTridentina e della Ferrata degli Artisti, ma non vi ho ancora raccontato della mia prima volta su una via ferrata e come dice un gran bel gruppo rock italiano “dopo la prima volta prima volta non è più”. E quindi ecco qui la mia prima volta: ecco qui la Ferrata del Piccolo Cir.


Vista del panorama dalla Ferrata del Piccolo Cir con madonnina incastonata nella roccia sulla destra


L’avvicinamento alla Ferrata del Piccolo Cir


Non è stato un caso che la Ferrata del Piccolo Cir sia stata la prima klettersteig della mia vita. Il Signor Coso e io non siamo dei polli al 100% quindi abbiamo fatto una semplice equazione:



prima ferrata = ferrata semplice e non troppo lunga


Se a queste aggiungiamo che il giorno del Piccolo Cir era prevista pioggia nel pomeriggio (solo nel pomeriggio, e in quel periodo questo era un gran miracolo) era praticamente scritto che noi dovessimo fare quella ferrata.

Quindi quella mattina ci siamo messi in macchina e da Colfosco, dove soggiornavamo, siamo andati dritti per dritti a Passo Gardena da dove, dopo un attimo di perplessità perché non eravamo proprio molto sicuri di dove si potesse parcheggiare, siamo partiti per la nostra prima via ferrata. Non stavo nella pelle!

Abbiamo quindi cominciato a salire dritti per dritti ignorando la strada che qualche giorno dopo ci avrebbe portato all’altopiano del Puez e abbiamo raggiunto la stazione a monte della seggiovia Dantercepies, che avremmo potuto anche prendere per arrivare alla base dei due Cir (il Piccolo Cir infatti va a braccietto con il Grande Cir, e chi te lo doveva dire?!) se non fosse che in quel momento era ancora chiusa. A che ora era ancora chiusa? Non lo so: non me lo ricordo. A che ora apre? Non lo so, forse non l’ho mai saputo. Do informazioni lacunose? Sì, ma che vi aspettavate da una che ha aperto un blog per raccontare tutte le volte che è scivolata durante un’escursione?

Superata la stazione, quindi, abbiamo ignorato il Rifugio Jimmy perché raggiungerlo avrebbe significato una deviazione dalla nostra strada. Abbiamo invece continuato su un sentiero acciottolato senza prestare attenzione al Grande Cir: lui sarebbe venuto solo dopo aver conquistato il Piccolo Cir. Avevamo le lancette dell’orologio che ci inseguivano: non potevamo permetterci di perdere tempo e rischiare di stare attaccati a cavi metallici quando sarebbe arrivata la pioggia e il probabile temporale. Quindi abbiamo in poco tempo concluso il sentiero nel ghiaione e, all’altezza del canalone tra i due Cir, abbiamo svoltato a sinistra raggiungendo in poco tempo l’attacco della ferrata.

Strada ghiaiosa circondata dal verde che porta verso la ferrata del Piccolo Cir proveniendo da Passo Gardena


La ferrata del Piccolo Cir


Prima di poter attaccare la vera e propria ferrata bisogna superare un piccolo tragitto di rocce non assicurate dove si deve procedere in un modo vagamente simile all’arrampicata. Questo pezzetto richiede abbastanza fiato, non è proprio una passeggiata, ma non dura troppo: tempo 10/20 minuti si arriva al vero e proprio inizio della klettersteig. 

L’attacco è su di una terrazzina da dove si può godere di una vista stupenda. Il panorama prevede, tra l’altro, l’intero Gruppo del Sella e, sulla destra, il Col Rodella, sede di un’altra meravigliosa ferrata, il Sassolungo e suo “fratello” il Sassopiatto. Il tutto servito, il giorno che lo vidi io, con un abbondante spruzzata di nuvole bianche e grigiastre. Se non ve la sentite di andare oltre vi assicuro che vale la pena già arrivare quassù. Infatti un paio di coraggiosi genitori avevano portato una folla di iperattivi bambini-stambecchi fino a lì per poi riportarli giù. Audaci e pazienti quei genitori!

La ferrata comincia con una breve scaletta dopo cui si aggira uno spigolo di roccia. L’inizio è molto soft il che rende il Piccolo Cir la ferrata perfetta da cui iniziare. Durante tutta la salita, per altro, si procede con rocce e massi alla propria destra e alla propria sinistra. Nonostante l’esposizione sia evidente guardando in basso (in alcuni tratti si vede tutta la Val Gardena sotto di sé) si ha la percezione che non si rischi mai di fare un volto troppo alto se si cadesse, il che evita di entrare nel panico se per caso si soffre di paura del vuoto e non si dovesse sapere perché… beh! Perché è la prima volta che ci si trova realmente sospesi nel vuoto. Quindi no, vi assicuro che questo panico non vi prenderebbe sul Piccolo Cir. A me per esempio mi ha colto due giorni dopo sulla Tridentina, ma per fortuna poi mi è passata.

Ammetto, comunque, che anche se io non mi sono mai particolarmente agitata sul Piccolo Cir il Signor Coso, invece, ha trovato la salitella che segue lo spigolo di roccia abbastanza impressionante perché non offriva sufficienti appigli per farlo sentire sicuro al 100%. Comunque, a parte quel tratto, anche lui concorda sul fatto che tutta la ferrata sia tranquilla e piacevole con una gradevole alternanza di salite poco faticose e percorsi orizzontali su rocce curve. Ogni tanto c’erano anche dei piccoli traversi aerei dove io ripetevo ogni volta “perdonami madre per mi vida loca”. Sì perché mia madre detesta che io per divertirmi vada a passeggiare in parete e ogni volta che mi attacco a un cavo metallico lei perde dieci anni di vita. Scusa mamma, ma poteva andare peggio: fino a diciotto anni volevo fare paracadutismo. Almeno nelle ferrate il gioco è non cadere.

Comunque dopo un piccolo rognoso canaletto dove ho avuto qualche difficoltà a recuperare il cavo in alto (mai come quel giorno mi sono sentita bassa: grazie Piccolo Cir!) e aver camminato per un po’ su un pianoro dove non era necessario l’uso di alcun cavo siamo arrivati al tratto finale. Quella è la vera rogna! La vetta è sulla cima di un’ultima roccia spaccata a metà dove io mi sono praticamente infognata. Il cavo è a sinistra della spaccatura, ma il chiodo dove far leva con lo scarpone, unico appoggio possibile, è a destra e a una altezza che mi ha fatto ripensare all’idea che ho sempre avuto di me ossia “non sarò alta, ma almeno ho le gambe lunghe”. No, non ho neanche le gambe così lunghe a quanto pare. Arigrazie Piccolo Cir!

Alla fine però, contro ogni pronostico, sono riuscita anche io ad arrivare in vetta (2520m), un pezzetto di terra 2x2 dove ho trovato il Signor Coso, due tedeschi che erano saliti in sneakers e nessuna croce. No, perché qualche hanno fa sul Piccolo Cir c’è stato un crollo e adesso la croce sta più in basso della vetta su un altro montarozzo. Cose che capitano nella vita.



La discesa dalla cima del Piccolo Cir


Nonostante avessimo fatto un tour de force e avessimo calcolato i tempi proprio mentre eravamo su quella minuscola cima ha cominciato a piovere. In realtà era una finta, ma noi in quel momento non lo sapevamo. I tedeschi credo di sì perché non si scomposero molto. Noi invece ripartimmo subito.

Scendere per quella roccia è forse peggio che salire. Bisogna farlo dando le spalle agli appigli e, se siete goffi come me, 10 a 1 che vi si incastra lo scarpone nella fenditura. Comunque alla fine se ne viene fuori, specie se il Signor Coso è sceso prima di voi.

Abbandonato il masso si potrebbe decidere di riscendere attraverso la via ferrata, ma non è mai la migliore scelta percorrere una klettersteig in discesa perché da una parte diventa più difficile e dall’altra si finisce per incrociare chi sale e le vie ferrate non sono una strada a doppia corsia. Consiglio quindi l’alternativa che abbiamo adottato il Signor Coso e io: svoltare a sinistra e scendere ripidamente per un tratto attrezzato lungo dei gradoni. Da qui si raggiunge il canalone e si resta sempre ben attaccati al cavo fino a che c’è possibilità.

Quando il cavo cessa dovrebbe passare anche il rischio di capitomboli. Allora il Signor Coso e io ci siamo tolti il casco, abbiamo messo via il dissipatore e abbiamo ripreso a scendere con tranquillità. Ci siamo persino complimentati perché non eravamo scivolati mai durante la nostra prima ferrata ed eravamo tutti interi, tralasciando i mille lividi che mi sono procurata io dando ginocchiate alle rocce (però ne ho date così tante che scommetto che anche il Piccolo Cir qualche livido se l’è procurato). Insomma eravamo soddisfatti. È a quel punto che è successo: sono scivolata e mi sono fatta venti centimetri di discesa con il sedere a terra fino a che un santo arbusto non ha frenato la caduta chiedendo in cambio soltanto un terzo della pelle sul mio braccio sinistro. Però mi ha dato in omaggio un bel graffio. La scena deve essere stata divertente perché poco distanti i tedeschi, gli stessi della cima (ma davvero? Che fanno si teletrasportano sti tedeschi? Come facevano a stare già lì?), abbarbicati sotto le rocce a mangiare sono scoppiati a ridere che neanche lo sconosciuto del Monte Camicia per i mirtilli del Signor Coso. Sadici tedeschi! Guardate che non è un evento così raro vedermi cadere eh!? Chissà a che si pensavano di aver assistito.

Va beh! Comunque a parte il graffio e l’orgoglio ferito stavo piuttosto bene, mancava ancora un po’ all’ora di pranzo, la pioggia aveva smesso di fare scherzetti e sembrava intenzionata a lasciarci ancora qualche ora di quiete, quindi invece di ripiegare immediatamente verso il Rifugio Jimmy abbiamo deviato a sinistra e via di nuovo a passo di marcia verso il Grande Cir.

La croce della vetta del Piccolo Cir vista dalla vetta del Grande Cir

Scheda della ferrata:


Partenza: Passo Gardena (a piedi)
Difficoltà: EEA
Durata: 2 ore circa 

Dislivello: 390m (di cui 100m di ferrata) 
Rifugi: Rifugio Jimmy

Tutte le immagini sono sono mie e del Signor Coso. Le riprese video sono state fatte da me con l'action camera, il montaggio è mio e del Signor Coso, la musica è royalty free ed è stata presa da Bensound

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