venerdì 4 maggio 2018

LA SALITA AL MONTE PRENA

LA VOLTA CHE C’ERA LA NEVE A GIUGNO… OH CAVOLO! LA NEVE!

Vi rivelo un segreto: erano mesi che avevo voglia di parlare di questa escursione. E finalmente siamo giunti a lei: la salita al Monte Prena, montagna unica nel massiccio del Gran Sasso con il suo paesaggio lunare. Che se per caso un giorno vi svegliate e vi sentite Astolfo (quello dell’Orlando Furioso, per intenderci), ma non trovate in giro nessun carro di Elia, vi assicuro che andare sul Prena sarà un ottimo ripiego alla mancata luna (che poi, almeno, lì non correte neanche il rischio di inciampare sul senno di qualcun altro. E non è poco). 

Vista del Monte Prena durante la salita dalla via normale

L’avvicinamento al Monte Prena


Il Monte Prena è stato un sacco di prime volte. È stata la prima escursione di Wini con noi. È stata la prima volta che ho capito che non serve per forza andare sulle Dolomiti per incontrare un paesaggio dolomitico. È stata la prima volta che ho trovato la neve sulla mia strada. Ed è stata anche la prima volta che ho creduto che la mia fortuna metereologica avesse fatto cilecca. Ebbene sì: ho una fortuna sfacciata con il tempo. Non mi piove mai addosso quando sono in montagna. E neanche sul Prena è successo, ma questo non ha escluso comunque il vento gelido e il freddo birichino. Ma andiamo per ordine.

Il Prena, per chi non lo sapesse, è il gemello buono del Monte Camicia. O per meglio dire non si assomigliano per niente, ma stanno là, uno accanto all’altro, quindi diciamo che sono gemelli. Che poi se volessimo essere precisi più che altro sono trigemini (tipo i Pantano dei Una serie di sfortunati eventi. Se non sapete di cosa parlo shame on you!) perché ci sarebbe di mezzo anche il Monte Brancastello, ma lasciamo perdere questa questione che se no ci incartiamo e non andiamo avanti.

Visto che stanno uno accanto all’altro va da sé che la via per il Monte Prena è la stessa che porta al Camicia. Solo che una volta superato Campo Imperatore per raggiungere il Monte Camicia si deve arrivare alla località Fonte Vetica. Per il Prena, invece, ci si ferma circa 300 metri prima, all’altezza di una stradina sterrata sulla sinistra che, almeno che non abbiate un fuoristrada, è impercorribile in macchina, tanto è sassosa e dissestata. Quindi gioco forza si parcheggia qui. 

La conca verdeggiante prima del Vado di Ferruccio nella salita al Monte Prena sulla via normale


La salita al Monte Prena


La strada sterrata è proprio l’inizio di questa escursione che fin da subito ci ha fatto capire che non sarebbe andata come ci aspettavamo. Appena scesi dalle macchine già battevamo quasi i denti. Ed era giugno eh! Mica eravamo in pieno inverno. Ma si da il caso che questo non significasse niente per il Prena: giugno o non giugno lui sarebbe stato comunque innevato. E a dire il vero questa non è neanche una grande novità per la mia famiglia: siamo specializzati nel trovare neve nei periodi dell’anno sbagliati. I miei si sono sposati il primo giorno di primavera. Hanno montato le catene alle macchine prima di andare in chiesa: nevicava da morire! Quindi insomma era destino che prima o poi sarebbe capitato anche a me qualcosa del genere ed ecco fatto.

Dopo una mezzora circa di camminata sul sentiero sassoso ancora non sentivo caldo ed era ormai chiaro che eravamo tutti vestiti troppo leggeri per sperare di stare bene quel giorno. A quel punto, comunque, rassegnati abbiamo svoltato a destra e, a una deviazione ben segnata, abbiamo cominciato a salire dritti per dritti tra il Prena e il Camicia ignorando, per altro, che se avessimo continuato sul sentiero precedente saremmo giunti alle miniere di bitume finite di costruire nel 1944 e mai entrate in funzione (sapete com’è: c’era la guerra…). Ora, che cosa sia il bitume io l’ho appena scoperto, perché per 27 anni della mia vita sono stata convinta che fosse un sinonimo di letame (ma miniere di letame non si può sentire!) e invece è una miscela di idrocarburi naturali o residuati derivanti dalla distillazione o raffinazione del greggio. Che poi tutti sti paroloni significano asfalto: il bitume è l’asfalto…

Dopo la breve salita di qualche metro dritti per dritti ha inizio nei prati un sali e scendi continuo non troppo pendente che porta, in relativamente poco tempo, a una vallata verde. Ed è qui che abbiamo trovato la neve e che io ho cominciato a temere che avrei perso per sempre Wini. E poi come lo spiegavo a casa? Perché la neve era in uno scivoloso canaletto che dovevamo per forza attraversare. E mentre io mi preoccupavo per Wini, nel canaletto ci stava quasi per scivolare il Signor Coso. O per lo meno così afferma lui: io non ci ho neanche fatto caso. Povero Signor Coso! 

La salita del Monte Prena per la via normale con sullo sfondo due guglie rocciose con incastrato in mezzo un grande masso ovale

Superato questo piccolo canalone, però, si arriva a un tratto pianeggiante che ci ha dato modo di distendere i nervi. Sì, la neve era anche lì ma più rada e non era uno scivolo da montagne russe, quindi nel complesso era gestibile. Per altro questo tratto deve essere particolarmente suggestivo visto nel pieno dell’estate perché è costellato di ruscelletti e cascatine veramente belle da vedere. Però ovviamente la “pianura” non può durare. Aggirata la conca a destra, infatti, all’altezza del Vado di Ferruccio (2242m), da cui si potrebbe fuggire verso il malefico Camicia, abbiamo cominciato di nuovo la salita vera e propria verso la vetta del Prena dal lato tirrenico. Questo perché, dall’altro lato, è si possibile arrivare in vetta, ma attraverso dei sentieri attrezzati e noi, invece, stavamo percorrendo la via normale.

Da qui raggiungere la nostra meta era facile. Non perché questa escursione sia leggera, anzi – è decisamente dura e riservata a chi ha buona resistenza fisica – ma perché a segnare il cammino davanti a noi c’era un punto di riferimento inconfondibile: due guglie rocciose con incastrato in mezzo a loro un bel masso piuttosto rotondo. Secondo me è la prova che a un certo punto Sisifo si è rotto le scatole e ha dato forfait proprio lì sul Prena. Che sia così o meno, comunque, questa curiosa scultura naturale è stata la nostra stella polare: dovevamo solo proseguire in salita dritti per dritti verso di lei. Almeno finché non abbiamo raggiunto un secondo e ben più pendente e pericoloso canalone pieno come una pignatta di neve. Ed è qui che abbiamo rischiato di perdere Wini. Per fortuna i miei bastoni da nordic walking le hanno offerto una salvifica stabilità che altrimenti non avrebbe avuto. In compenso io, vedendola scivolare, ho perso almeno dieci anni di vita. Secondo me è per questo che adesso ho ben tre capelli bianchi!

Comunque, superato quest’ultimo canalone la salita si fa ancora più interessante perché da qui in poi è solo rocce brulle. Questo perché in realtà si sta procedendo a ridosso della parete. Dopo pochi minuti infatti si arriva sullo stretto filo di cresta da cui, a 20 metri circa, si staglia la piccola vetta (2561m) dove riesce a starci quasi solo la croce. E se per caso state conquistando il Monte Prena in una giornata particolarmente ventosa (il nostro ventaccio freddo si credeva la Bora, per esempio) fate attenzione a quando scavallate per arrivare in cresta: il vento può sorprendervi per la sua forza e può farvi facilmente perdere l’equilibrio.

La discesa dalla vetta del Monte Prena tra le rocce bianche e la nebbia

Il ritorno dalla vetta del Monte Prena


Ho sentito dire che dalla vetta del Monte Prena si goda di una vista meravigliosa. Purtroppo io non posso confermarlo perché durante tutta l’escursione siamo stati completamente immersi in una fitta nebbia lattiginosa che non ci ha fatto vedere niente. E se a questo aggiungiamo il fatto che stavamo morendo di freddo capirete facilmente perché siamo stati sì e no in vetta uno o due minuti e poi abbiamo ricominciato la discesa.

Per tornare ai piedi del monte la strada di discesa è la stessa di salita. Bella ma impegnativa quindi, e non certo da fare di corsa, anche se io a un certo punto sentivo talmente freddo che avrei volentieri preso la scorciatoia che offriva il canalone che qualche minuto prima aveva provato a portarsi via Wini. Se solo quella scorciatoia non fosse stata letale… Chi ha invece rischiato di prenderla davvero è stato purtroppo un nostro amico, uno dei più esperti della compagnia, a cui ha ceduto sotto al piede una roccia mentre strisciavamo lungo la parete per evitare di finire nel canalone. E lì davvero ci siamo spaventati tutti molto. Per fortuna però è riuscito a evitare di cadere e si è solo ferito un po’ la mano. Un mezzo miracolo! A riprova che la montagna è pericolosa sempre: non importa se stai a 2000 metri o a 8000 e neppure da quanto tempo fai alpinismo.

A parte questo imprevisto, comunque, alla fine è andato tutto bene e non abbiamo più avuto incidenti o incontrato difficoltà particolari. Quando siamo arrivati alle macchine, però, eravamo veramente sfiniti. Il freddo ci aveva irrigidito i muscoli rendendo peggiore e più faticoso ogni movimento e a me aveva fatto venire una contrattura al quadricipite che ci avrebbe messo giorni a passare. E per fortuna che se ne andò giusto il giorno prima della Ferrata degli Artisti che feci la settimana dopo. Se me l’avesse rovinata non sono sicura che adesso avrei amato così tanto il Prena. Perché sì, lo ammetto: il Monte Prena è il mio preferito sull’Appennino e ho deciso che ci devo assolutamente tornare, sta volta senza neve. D’altro canto la prima volta non ho visto né camosci né genziane né stelle alpine, che dicono invece brulichino lassù, e non siamo neanche andati a mangiarci gli arrosticini per quanto eravamo stanchi. Ah gli arrosticini! Perché li ho nominati? Adesso mi è venuta fame. A voi no? 

Vista delle rocce del Monte Prena tra la nebbia


Scheda dell’escursione:


Partenza: Ai piedi del Monte Prena (tramite sentiero)
Arrivo: Ai piedi del Monte Prena (tramite sentiero)
Difficoltà: E
Durata: 6 ore circa
Dislivello: 850m

Le foto sono mie e del Signor Coso

2 commenti:

  1. C'era una stella alpina! E appena arrivati in vetta abbiamo avuto circa un nanosecondo per vedere il panorama.......no, forse un nanosecondo è troppo! Ahaha, ma c'è stato un istante...piccinissimo. Comunque ci dobbiamo tornare!

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    1. Della stella alpina non ho memoria. Il che, però, non è così strano considerando che si parla di me: e io sono riuscita a scordarmi pure di essere stata a Trento. Insomma se mi scordo un'intera città figurarsi un fiore... Per il panorama lo ammetto: hai ragione. Un po' di vista la nebbia ce l'ha concessa ma ne voglio di più: ci dobbiamo assolutamente tornare! :)

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