venerdì 27 aprile 2018

L'ESCURSIONE AI PRATI DEL SIRENTE

LA VOLTA CHE… “DOV’È CHE SIAMO ANDATI?”

Qual è l’evento più strano a cui vi siete imbucati? Fino a mercoledì scorso per me era una festa di 18 anni in un centro sportivo (dove ho pure incontrato incredibilmente un’amica che non vedevo da anni, lei però era invitata). Ma da questo 25 aprile è un’escursione ai Prati del Sirente vicino a Ovindoli. Che poi era più una scampagnata, ad essere onesti. Ma andiamo con ordine. 

La via nel bosco di faggi per i Prati del Sirente

L’avvicinamento a Rovere


A dire il vero una specie di invito ce lo avevo. Un amico era stato invitato e aveva portato dentro anche me e il Signor Coso. Solo che ci aveva detto che saremmo andati dalle parti di Pescasseroli, al Rifugio di Prato Rosso e che sarebbe stata, per quanto tranquilla, un’escursione tipo quelle solite che facciamo con lui. E tanto per farvi capire perché io ero attrezzata quasi come se dovessi tornare sul Vioz, lui è lo stesso amico che mi ha portato per la prima volta a prendere letteralmente fuoco sul Monte Camicia, con cui ho conquistato un Prena inaspettatamente innevato, ventoso e gelido, sono arrivata in cima al Promontorio del Circeo e mi sono ripetutamente persa sul Monte di Cambio, sul Terminillo. Insomma normalmente con lui non si fanno scampagnate. Questa volta però non aveva organizzato lui; quindi questa era una scampagnata più che un’escursione. Questa cosa, però, io l’ho capita solo mercoledì mattina, alle 8.00, così come il fatto che la meta fosse cambiata e che si andasse a Ovindoli, non a Pescasseroli. Quindi sarò anche giustificata se mi sono scordata a ripetizione dove stavamo andando, no?!

L’attacco dell’escursione, in realtà, non è veramente a Ovindoli, ma nel delizioso borghetto di Rovere che secondo recenti notizie intercettate casualmente a pranzo ho scoperto contare di soltanto 40 abitanti. Fatto reale? Non saprei. Potrebbero anche essere 39 o 41; certo è che io ne ho visto solo uno: la barista. Stop. Quindi deserto mi è sembrato veramente deserto come borgo. Se volete diventare eremiti trasferitevi lì: è il posto perfetto! 

Vista dei monti dell'Abruzzo dal sentiero per i Prati del Sirente

L’escursione ai Prati del Sirente


Poco fuori dal paese parte una via asfaltata che si immerge nei prati e che era l’inizio della nostra escursione. Già ai primi passi però è stato chiaro che, non solo quella era una scampagnata, ma che il Signor Coso e io eravamo gli unici due fagiani a non saperlo. Tutti quanti gli altri (una folla immensa di altri, per altro) erano vestiti per andare a fare quattro passi nel parco e per la maggior parte avevano la stessa velocità di camminata della passeggiata nel parco. Quindi noi ci abbiamo messo più o meno una vita a fare questa escursione, ma ve lo dico: in condizioni normali in circa due ore si fa tutto

La via in poco tempo si trasforma in un fangoso sentiero carrabile che costeggia brevemente un laghetto (che a dire il vero sembra più uno stagno) e prosegue poi fino ad immergersi nel bosco di faggi in cui si svolge quasi tutta l’escursione. Fino a qui sembra facile vero?! E invece non lo è! Perché già qui noi non sapevamo dove andare e non c’erano davvero altri sentieri da percorrere eh! Però comunque mappa in mano e ci siamo fermati a cercare di capire dove diamine fossimo. Per meglio dire, gli altri si sono fermati per cercare di capire: per me potevamo stare anche in Australia per quanto ne sapevo.

Una volta constatato che dovevamo seguire per un piccolo tratto l’ippovia (per inciso, se amate i cavalli questo è il posto perfetto per una bella passeggiata) e poi prendere il sentiero 14A siamo riparti certi e fiduciosi. È qui che abbiamo sbagliato! Il sentiero, a quanto diceva il libro a cui c’eravamo affidati, doveva essere essenzialmente in discesa e noi, a un tratto, stavamo facendo una salita che neanche il Sassongher. Che poi il sottobosco era una specie di sabbie mobili nostrane fatte di terriccio morbido e foglie secche. Salire su quel terreno faceva andare a fuoco i polpacci. Ovviamente il Signor Coso e io eravamo nel gruppo d’avanscoperta, così siamo arrivati fino alla cima del pendente sentiero prima di capire che qualcosa non andava. Per farla semplice avevamo sbagliato strada, praticamente al bivio iniziale. Quindi quando vi trovate a prendere il sentiero 14A prestate attenzione a dove andate. Dopo neanche due passi dal primo segnavia c’è un bivio quasi invisibile: di fronte a voi un’autostrada in salita e alla vostra sinistra un sentierino pianeggiante segnato da una “visibilissima” freccetta su una roccia a terra. Ecco! Andate a sinistra.

Recuperato il sentiero corretto, questo sì che procede in pianura/discesa, la strada si snoda per la faggeta senza troppe sorprese. Basta stare attenti a non perdere il segnavia e tutto va liscio come l’olio. Noi dopo l’inganno del salitone, però, a ogni bivio ci fermavamo e tiravamo fuori la carta. E anche se ci fossero state le insegne al neon a indicarci la strada avremmo comunque perso per puro panico buoni dieci minuti a cercare di capire dove andare con libro, mappe (ebbene sì ne avevamo due), gps e la comoda app di uno di noi che ci tracciava in continuazione la macchina. Insomma manco fossimo andati a fare un’escursione nella Foresta Amazzonica!

Che poi il vero problema di questa escursione sono i rami. No, non quelli sugli alberi, quelli a terra. Ogni due passi c’era un ramo. E avete presente la scena di Telespalla Bob con i rastrelli (se non l’avete presente la trovate qui)? Ecco! Uguale. Ogni passo tiravamo su un ramo che colpiva o qualcun altro di noi o noi stessi. Solo che invece di colpirci in faccia ci centrava in pieno un polpaccio neanche fossimo dei marshmallow. Ci ho fatto sanguinare il Signor Coso così; e lui due secondi dopo mi ha scartavetrato la gamba. Dice di non averlo fatto apposta, ma mi è sembrato sospetto. 

Lago sulla via per i Prati del Sirente

Dopo un po’ che si segue il sentiero si raggiunge una recinzione faunistica ormai in disuso che, in passato, è stata usata per rintrodurre nella zona il cervo. Ebbene sì: avevamo finito i cervi. A quanto pare durante la seconda guerra mondiale ce li eravamo mangiati tutti. Per fortuna che non hanno fatto la stessa fine dei bufali americani! Comunque guardando il recinto si passa a destra costeggiandolo per tutta la sua lunghezza e, quando finisce, lo si continua a costeggiare per ridiscendere all’altezza giusta del sentiero. Forse anche in quel caso avevamo sbagliato strada, ma non ho prove di questo.

Il vero punto che ci ha messo in difficoltà è stata la Piana della Chia. Da qui partono due sentieri, entrambi con un anonimo segnavia senza nome. Quello a sinistra, che ho poi scoperto essere il sentiero 14B, porta diretto ai Prati del Sirente (1113m). Quello di fronte invece, ossia il sentiero 14A, prosegue fino ai Prati del Sirente con una discesa graduale. Sulle prime non sembra neanche scendere. Noi abbiamo fatto questo sentiero, ma non per una scelta consapevole: avevamo solo paura che se il sentiero che scendeva ripido fosse stato sbagliato molti del nostro gruppo ci avrebbero pestato stile Fight Club prima di cominciare la risalita. Non volevamo rischiare di incontrare Tyler Durden.

Per una volta, però, la scelta più o meno inconsapevole è stata azzeccata. Il 14A praticamente esce dal bosco di faggi solo alla fine e riesce nel machiavellico piano del Bernini quando creò Piazza San Pietro: sconvolgere lo spettatore con una vista di pura grandiosità. In questo caso ad aprirsi di fronte al nostro sguardo non è stata tanto la conca carsica dell’altopiano alla nostra sinistra, quanto la meravigliosa, ripidissima, rocciosa e nevosa parete nord del Monte Sirente (2348m). Una vista da togliere il fiato (e che ci ha fatto venire l’acquolina in bocca all’idea di salirlo. Cosa che purtroppo non abbiamo ancora fatto).

Comunque nel bel mezzo dei Prati del Sirente ci sono due laghetti, probabilmente artificiali. Il primo è l’habitat del tritone crestato, della rana verde e del rospo comune. Nel secondo, invece, sguazzavano le anatre e probabilmente si abbeverano le mucche che quaggiù sono lasciate al pascolo libero (al punto che mentre raggiungevamo Rovere ce le siamo ritrovate in mezzo alla strada). Tra l’altro in questo secondo, e più ampio, laghetto ci ha sguazzato piacevolmente anche il protagonista indiscusso di questa giornata: un bulldog francese che per il rumore che faceva quando camminava deve avere parenti cinghiali e che per amore di privacy chiameremo Bufalino. Vi lascio immaginare quanto era nero Bufalino quando siamo tornati alle macchine… 

La parete nord innevata del Monte Sirente vista dai Prati del Sirente

Il ritorno dai Prati del Sirente


Con le macchine abbiamo imbrogliato, lo ammetto. Le avevamo lasciate al punto di arrivo, quindi c’è poco da raccontare del ritorno. Anche perché io mi sono addormentata. Quindi vi potrei raccontare cosa ho sognato se me lo ricordassi, ma non me lo ricordo quindi… Niente! Siamo tornati a casa. Tutto qui.

Alla fine l’escursione dei Prati del Sirente è stata decisamente tranquilla, ma ad essere onesta è andata bene così: dopo tutto l’inverno a non mettere il naso fuori di casa e a far vincere sempre la mia pigrizia sono in pessima forma. Della serie che alla fine della scampagnata zoppicavo pure. Diamine! Ha ragione il Signor Coso: sono fracica

Il lago dei Prati del Sirente dove sono le rane

Scheda dell’escursione:


Partenza: Rovere (tramite sentiero)
Arrivo: Prati del Sirente (tramite sentiero)
Difficoltà: E
Durata: 2 ore circa
Dislivello: 250m
Sentiero: 14A

Le fotografie sono mie

2 commenti:

  1. L'immagine dei rami come i rastrelli di telespalla Bob è stata proprio una chicca da intenditori!��

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    1. Per la prima volta in vita mia mi sono trovata a entrare in empatia con Telespalla Bob. Povero, povero incompreso Telespalla Bob! XD

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