venerdì 12 gennaio 2018

LA SALITA AL COL DI LANA

LA VOLTA CHE “DATTI UNA MOSSA CHE VIENE A PIOVERE” E POI LE MUCCHE TI SBARRANO IL SENTIERO

Ci sono montagne che semplicemente non sono conquistabili. O meglio, sono conquistabili e come, ma io non le ho conquistate così diciamo che non sono conquistabili in toto e chiudiamola lì. Insomma lo so, per esempio, che tantissime persone arrivano sulla cima del Col di Lana, ma quando ci ho provato io non ci sono riuscita quindi… il Col di Lana è inconquistabile: più dell’Everest! Non mi convincerete altrimenti.


Le valli di rocce che portano al Col di Lana dal Rifugio Pralongià

La partenza da Corvara


Per essere precisi sul perché il Col di Lana sia stato così ostico per me premetto che questa escursione l’ho fatta il giorno dopo il Sassongher e forse ero un po’ stanca. E in più minacciava pioggia. Insomma non era il giorno giusto per andare in trincea. Non che ci sia un giorno particolarmente giusto per le trincee. Almeno non credo.

Per arrivare al Col di Lana, per altro, ci sono un bel po’ di vie. Avete presente il detto “tutte le strade portano a Roma”? Ecco! Non so se tutte le strade portino davvero a Roma, ma comincio a credere che tutti i sentieri portino al Col di Lana.

Noi per arrivarci ne abbiamo scelto uno piuttosto lungo che mi ha totalmente sfiancato. Siamo partiti dal campo da golf di Corvara con una seggiovia a quattro posti e siamo saliti fino al Rifugio Punta Trieste (2010mt) e almeno fino a qui ci siamo risparmiati un po’ di passi perché il giro di suo di passi ne richiede. Piccola parentesi sulle seggiovie: ce ne sono varie che partono dal campo da golf, ma d’estate ce ne dovrebbe essere attiva solo una: la seggiovia Pralongià.

Vicino al Rifugio Punta Trieste c’è un delizioso albero di legno con delle civette legno in un campo di legno… ah! No! Scusate, mi sono fatta prendere la mano: il campo era d’erba, ma le civette erano di legno, tutte di colori diversi, giuro. Deliziose!

Da qui, comunque, con un piccolo tratto di strada in salita si raggiunge in pochi minuti il secondo e ultimo rifugio del giro: il Rifugio Pralongià (2109mt). Di fronte a lui c’è una chiesetta e un paio di panchine dove io ovviamente mi sono subito fermata per potermi togliere i troppi vestiti che avevo addosso. A mia difesa, le seggiovie sono mezzi di trasporto freddi. 

Il panorama che si apre appena ci si allontanati dal Rifugio Pralongià verso il Col di Lana

La salita al Col di Lana


Dal Rifugio Pralongià ci si avvia lungo un sentiero nel prato e si passa accanto a una porta. No, non ho sbagliato a scrivere: nel prato c’è una porta. Solo la porta. Una porta che non porta da nessuna parte. Perdonate il gioco di parole, non ho resistito.

Percorrendo il sentiero n. 23, per altro, si passa accanto a un dirupo suggestivo da vedere, forse un po’ meno da esperire nella pratica. Cioè, non consiglio a nessuno di faci un salto dentro. Lo dico perché al Signor Coso e a me è sorto il dubbio che quel punto particolare dell’escursione possa diventare in qualche modo un po’ pericoloso durante l’inverno. Online ho trovato solo informazioni sulla facilità del percorso (in effetti reale) e sulla possibilità di percorrerlo sia d’estate che di inverno senza problemi e io personalmente l’ho fatto solo in estate, quindi prendete con le pinze quello che dico, però per come era il terreno abbiamo pensato che sia possibile che in quel punto si formino delle cornici. Ossia che sia possibile che in quel punto la neve si condensi facendo sembrare che il bordo sia un po’ più in là di quanto in realtà non sia. E quindi, nel caso, camminando sopra a queste cornici si rischierebbe veramente molto: il salto di prima, insomma. Se ci andate però d’estate il problema non si pone.

Raggiunta la Sella Sief si abbandona il sentiero n. 23 per prendere a sinistra il sentiero n. 21/a. Da qui, dopo un breve tratto di erbetta e fanghiglia, comincia un andirivieni di vallette rocciose sormontate a sinistra dal massiccio Settsass. Cosa importante da sapere di queste valli: non finiranno! Voi crederete che possano finire, ma non è così. Ci sarà una valle 1, valle 2, valle 3, valle 4, valle 5, valle 10, valle 15, valle 2000, valle 10.367.905 e così via. Sì, può essere che sto sbagliando i numeri: a un certo punto ho perso il conto, ma probabilmente ho ragione. Insomma questo sali e scendi di valli rocciose è infinito: gran parte dell’escursione si svolge proprio qui.

Per aiutarvi per altro a immaginare la scena di me che procedo in queste conche di massi enormi, tre volte più larghi di me e un paio di volte più alti, vi farò una similitudine piuttosto calzante: io avanzavo come Gollum. Ce lo avete presente Gollum? La sua eleganza? Il suo procedere sinuoso su due piedi? Ecco! Ci mancava solo che mi mettessi a tossire gracchiante “Tesssoro! Tesssoro! Il mio tesssoro!” ed ero identica, forse con un po’ più di capelli… il grigiore invece c’era tutto. Il Signor Coso invece zampettava più avanti, rapido, vagamente più stabile, forse meno gracchiante con un passo che ricordava un po’ più, da lontano però, una capretta. Ecco: eravamo Gollum che va a spasso con una capretta. Che immagine oscena!

Usciti da queste vallette, probabilmente passando per uno squarcio dello spazio-tempo altrimenti non si spiega come abbiamo fatto a fuggirne, siamo arrivati su un sentiero nuovamente erboso che ricalca una classica traccia montanara e che porta dritti per dritti a una croce e a un recinto delle mucche. Appuntatevi questa parola, “mucche”, ci tornerà utile più tardi.

A questo punto si comincia la salita del vero e proprio Col di Lana che è anche noto come Col di Sangue perché più o meno 8000 soldati sono morti lassù durante la Prima Guerra Mondiale. L’evento forse più noto che è successo lì è la deflagrazione di una mina di circa cinque tonnellate di dinamite nell’aprile 1916 che ha lasciato un gigantesco cratere.

A circa metà monte iniziano le trincee e io ero andata laggiù solo per vederle. Nonostante stessi per morire dalla fatica sono riuscita a trascinarmi fino alle prime e ci ho passeggiato un po’ dentro quindi posso dirvi che le trincee sono strette, umide, fredde e piene di insetti.

Dirupo verde e profondo che si apre sul lato della sentiero 23 per andare al Col di Lana

Il ritorno a Corvara


Dall’inizio delle trincee a quanto dice il Signor Coso, che era già stato lì, ci vuole circa mezzora per arrivare in vetta dove si trova una targa e alcuni oggetti dei soldati, tipo barattoli e scarponi. Purtroppo minacciava pioggia e io ero stanchissima quindi non abbiamo superato la metà del monte, ma abbiamo fatto dietrofront e siamo tornati verso casa.

Avevamo piuttosto fretta perché davvero il cielo sembrava promettere di rovesciarci in testa un oceano, solo che neanche avevamo cominciato a tornare indietro che sono comparse loro: le mucche! Se ne stavano in mezzo al sentiero e sui prati intorno e non sembravano intenzionate a spostarsi. E come ho già detto per la vetta del Sattel-Hochstuckli: con le mucche non si discute. E quindi via uno zig zag tra le loro cacche e le loro code per riuscire a superarle e “non guardarle negli occhi” ché non si sa mai che la prendano come una sfida. Maledette mucche! Siete sempre voi!

Comunque siamo riusciti a superarle e a quel punto lo strappo nel tessuto spazio-temporale si è riaperto per noi e siamo precipitati di nuovo nelle vallette di rocce. E giù a farle al contrario e sta volta Gollum e la capretta stavano quasi correndo via.

Miracolosamente siamo riusciti a raggiungere il Rifugio Pralongià un attimo prima che si scatenasse il cugino dell’uragano Katrina. Noi per fortuna a quel punto eravamo già belli accomodati dentro a pranzare. Ma prima o poi dovevamo anche riprendere la seggiovia. Così dopo un po’, in un momento di calma, ci siamo messi addosso le nostre mantelle (e io mi sono digievoluta da Gollum a Batman) e ci siamo avviati al Rifugio Punta Trieste. E da lì, beh, è storia: ché non serve mica essere Messner per prendere una seggiovia e tornare a casa.

La croce ai piedi del Col di Lana che commemora i caduti della Prima Guerra Mondiale

Scheda dell’escursione:



Partenza: Corvara (funivia)
Arrivo: Corvara (funivia)
Difficoltà: E
Dislivello: 450mt
Durata: 6 ore circa
Sentieri: 23, 21/a 

Rifugi: Rifugio Punta Trieste, Rifugio Pralongià

Tutte le foto sono state scattate da me e dal Signor Coso

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