venerdì 2 febbraio 2018

LA SALITA AL PIZ BOÈ

LA VOLTA CHE MI SONO CADUTI GLI OCCHIALI NUOVI, MA PER FORTUNA NON HANNO COLPITO IN TESTA NESSUN CORVO
Lo ammetto: siamo stati un po’ pigri per la salita al Pordoi che vi ho raccontato qui, e questo non ci fa onore. Ma in nostra difesa posso dire che alla fine abbiamo sfruttato le energie risparmiate grazie agli impianti per salire sul Piz Boè. Dai! Non siamo alpinisti così vergognosi (solo un po’).


La via che dal Rifugio Forcella Pordoi porta al Rifugio Boè

Dal Rifugio Forcella Pordoi al Rifugio Boè



Il Piz Boè è la cima più alta del Gruppo del Sella e, per altro, è uno dei tremila più facili da salire in zona. Io ero alle prime esperienze di alpinismo quindi ero decisamente inesperta, ma ero anche totalmente esaltata ed entusiasta. E quando io sono entusiasta si vede lontano un miglio. Divento tipo Taz il diavolo della Tasmania solo più allegra. Quindi all’idea che ci fosse un tremila che potevo raggiungere senza correre troppo il rischio di fare un salto nel vuoto di testa non voluto non stavo nella pelle. 

Altro lato decisamente positivo del Piz Boè è che raggiungerlo dal Rifugio Forcella Pordoi, dove noi eravamo, significa prendere una strada già tracciata, unica, obbligata, non confondibile, senza svolte improvvise. E quando hai il senso dell’orientamento di Topo Gigio come me essere certa di non perderti per strada è bel pro. Poi, certo, c’è da dire che io non vado in montagna con il Signor Coso solo perché è simpatico e disposto a portare anche due borracce d’acqua nel deserto dell’Appennino, ma perché tra le altre cose lui si sa orientare quindi forse non ci saremmo persi anche se ci fossero state svolte, ma tant’è.

Salutate le nostre amiche, che avevano deciso che un tremila non era nei loro gusti, e il maialino domestico del rifugio, abbiamo imboccato il sentiero n. 627 che si dipana in una lunga vallata di rocce. Il percorso di per sé è decisamente lungo e dopo un po’ che si cammina in quel paesaggio grigio quasi ci si dimentica che esistono altri colori. In questa petraia continua in cui si procede ci si trova a sinistra la valle Lasties e a destra il Passo Pordoi.

Nonostante il percorso dal Rifugio Forcella Pordoi sia probabilmente il più facile per raggiungere il Piz Boè quel giorno non c’erano molte persone che lo percorrevano con noi. Per altro, poi, quelle poche che c’erano ce le siamo perse al bivio che permetteva di scegliere se salire direttamente al Piz Boè o dirigersi prima al Rifugio Boè. No, non crediate che sia la stessa cosa. Io lo credevo: pensavo “il rifugio si chiama Boè, la cima si chiama Boè, quindi il rifugio è sulla cima”. Un sillogismo perfetto a mio parere, Hegel sarebbe stato fiero di me. Peccato che Hegel e io non siamo mai andati d’accordo; e infatti mi sbagliavo. Il Rifugio Boè non è sul Piz Boè. E mentre tutti sceglievano di salire sul Piz Boè noi abbiamo scelto il sentiero in quota per raggiungere il Rifugio Boè.

In un percorso tra rocce e sassaiole, a tratti su assi di legno, abbiamo raggiunto dopo una lunga camminata il Rifugio Boè (2873mt) dove ci siamo fermati a mangiare. Qui c’era decisamente più gente di quanto avremmo potuto supporre dal sentiero quasi deserto che avevamo fatto fino a quel momento, dato che al rifugio si può arrivare tramite altre strade tra cui quella dalla Valle di Mesdì e quella dal Rifugio Cavazza, ossia dalla Ferrata Tridentina.

Dopo pranzo io ho fatto un salto in bagno e voi direte “e che ce ne frega?”. Ce ne frega perché è un’informazione importante di questa escursione. Al Rifugio Boè, come in molti rifugi dolomitici, c’è il bagno alla turca e io, per mie esperienze personali, credevo di poterlo affrontare facilmente e invece per poco non cadevo dentro il buco. Ma io dico: un maniglione per tenersi o una postazione per i piedi un po’ più comoda no? Comunque sono uscita da lì pensando “questo è il bagno peggiore del mondo!”. Tenete a mente questa affermazione, ci tornerà utile più tardi.

Il panorama dal Rifugio Boè ai piedi del Piz Boè

La salita al Piz Boè e il ritorno a Canazei



Per salire al Piz Boè dal Rifugio Boè si prende il sentiero n. 638 e in circa 45 minuti si è in vetta. In realtà questo sentiero è percorso per lo più in discesa, ma non so quanto sia conveniente. Il sentiero è uno zig zag tra sassetti, molto pendente e scivoloso. In salita, però, diventa maggiormente fastidioso nella pinnata finale perché si viene a creare una situazione di senso unico: chi scende continua dritto per il canale, mentre chi come noi sale è costretto a una svolta verso destra. Questo tratto è decisamente esposto (tipo che le persone sotto sembravano omini della Lego) e un po’ più ostico, ma un corrimano e una breve scaletta di un paio di pioli permettono di superare questo stretto sentierino senza fare una intima conoscenza dello strapiombo.

L’ultimo tratto di salita è costituito da un sentierino gradinato in cresta e alla fine si arriva in cima dove si trova il Rifugio Capanna Fassa (3152mt). Qui sono andata a caccia di un krapfen o di qualsiasi cosa gustosa che potesse tenere a bada la mia costante fame incontenibile. Mi spiace dirlo, ma la Capanna Fassa ha deluso: non c’era assolutamente nulla da mangiare. Che colpo al cuore!

Ciò che invece c’era in cima era quello che con forse un po’ di ironia veniva chiamato “wc alpinistico”. Era tipo una baracca di legno abbarbicata su una roccia esposta e sembrava promettere di scaricare qualsiasi rifiuto nel vuoto, allo stile medioevale per capirci. Ora se lo facesse davvero io non lo so, non ho avuto il cuore di provare, ma posso dire una cosa con certezza: vi ricordate il bagno turco di prima? Ecco! Non era il bagno peggiore del mondo! E con buona pace del meraviglioso Renton di Trainspotting credo di poter anche dire che il peggior bagno del mondo non è in Scozia.

Se vi serve un motivo per affaticarvi un po’ ed arrivare in cima al Piz Boè, oltre al fatto che è un tremila e che la vista da lì è stupenda, è che non vi troverete spesso ad essere sopra ai nidi dei corvi. E ve lo possiamo assicurare sia io sia i miei Ray Ban, all’epoca nuovi, che a un certo punto hanno pensato bene di tuffarsi dalla mia faccia e schiantarsi su una roccia invece che sulla testa di un povero corvetto. Non temete: nessun corvo è stato maltrattato durante il volo dei miei Ray Ban e gli occhiali hanno riportato solo un piccolo graffietto quasi invisibile.

I corvi che nidificano poco sotto la vetta del Piz Boè

Per il ritorno a valle abbiamo intrapreso l’altro versante, quello che avevamo ignorato al bivio iniziale. La discesa, in alcuni tratti, può essere leggermente ardua soprattutto per gli inesperti ma l’assistenza della corda di metallo in questi passi rende fattibile il procedere senza troppe difficoltà. Poi io avanzavo sempre molto arrancante, ma sulla base di due bambini-stambecchi che mi hanno superato facendomi mangiare la polvere direi che la discesa non è così ostica come può sembrare (ma non consiglio comunque di farla di corsa e senza fare attenzione come facevano loro).

Raggiunto il bivio iniziale si ripercorre la strada dell’andata. Spingi sul rewind e di nuovo: Forcella Pordoi, Rifugio Maria, funivia, Passo Pordoi, Col de Rossi, Canazei, autobus, Campitello. Che detti così sembra velocissimo e invece il suo tempo lo richiede.

Così in un giorno solo ci siamo visti Pordoi e Piz Boè e anche se all’inizio sembravamo pigri Peter Griffin che andavano in montagna, alla fine un po’ di fatica l’abbiamo spesa anche noi e una vetta ce la siamo guadagnata. Quindi dio dell’alpinismo, per favore, non fulminarmi per l’onta che ti fatto prendendo tutti quegli impianti! Grazie. 


Panorama della vetta del Piz Boè dove trionfa il Rifugio Capanna Fassa

Scheda dell’escursione:



Partenza: Rifugio Forcella Pordoi (a piedi)
Arrivo: Canazei (funivia)
Difficoltà: EE
Sentieri: 627, 638
Rifugi: Rifugio Forcella Pordoi, Rifugio Boè, Rifugio Capanna Fassa

Tutte le foto sono del Signor Coso (a parte la prima che ho scattato io)

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