venerdì 14 dicembre 2018

LE GROTTE DI COLLEPARDO E IL POZZO D’ANTULLO

LA VOLTA CHE ABBIAMO SCOPERTO CHE LA CIOCIARIA ESISTE – PRIMA PARTE


Non pensavo che avrei scritto mai un articolo sulla Ciociaria. Questo è un blog di trekking in fin dei conti: cosa c'entra la Ciociaria? Eppure un paio di weekend fa ho fatto una mezza escursione in Ciociaria e quindi come potevo resistere alla tentazione di raccontarvela? Che stavo facendo in provincia di Frosinone? Ero andata a vedere le Grotte di Collepardo e il Pozzo d’Antullo, ma non mi sono fermata lì.


Torrente cristallino in Ciociaria, a Collepardo
Torrente che passa sotto il Ponte dei Santi, a Collepardo in Ciociaria

La visita al Pozzo d’Antullo e alle Grotte di Collepardo


D’inverno, per varie questioni che non sto qui a elencarvi, non capita spesso al Signor Coso e a me di avere un weekend libero. Quelle rare volte tutto si riduce a una questione essenziale: non sprecare l’occasione! Per questo motivo, due settimane fa, quando il Sacro Graal del calendario ci è capitato in dono dovevamo assolutamente fare qualcosa, andare da qualche parte. E cerca tu che cerco anch’io il Signor Coso si è imbattuto nelle Grotte di Pastena in Ciociaria. A guardare le immagini ci sembravano dei veri capolavori naturali. Siamo stati giorni a rimirarcele online e alla fine abbiamo deciso: saremmo andati alle Grotte di Collepardo, che non sono quelle di Pastena e non ci sono neanche vicine. Che ci volete fare? Ci piace stupire!

Per raggiungere Collepardo da Roma è sufficiente prendere l’autostrada e uscire a Ferentino seguendo poi le indicazioni per Alatri e Collepardo, appunto. In un’ora e 130 chilometri si è lì. E questa è una cosa che mi fa impazzire: tra un po’ in un’ora non si arriva neanche a Ostia partendo da Roma Nord però si raggiunge Collepardo, un meraviglioso borghetto medioevale in Ciociaria. Ma dimmi tu!

La nostra prima meta era il Pozzo d’Antullo, nella parte superiore del paese. Se all’inizio avevamo timore di non trovarlo la moltitudine di cartelli turistici ci hanno tranquillizzato immediatamente. In poco tempo eravamo lì. Il bello/brutto della Ciociaria è il fatto che non ci sia nessuno. In tutto il giorno avremo incontrato sì e no venti persone. Davvero gente: ma non ci vive nessuno in Ciociaria? Non mi lamento eh! Viaggiare è più piacevole senza traffico, ma era surreale. Per altro la mancanza di esseri viventi ci ha fatto pure mancare il parcheggio gratuito di fronte al Pozzo. Non perché non sia segnalato (c’è un bel grande e chiarissimo cartello a indicarlo), ma perché non c’era assolutamente nessuna macchina e sembrava solo una piazzola ghiaiosa al margine della strada.

Se il parcheggio era vuoto il Pozzo d’Antullo non era meglio: c’eravamo solo noi. Strana cosa perché il Pozzo d’Antullo è la voragine carsica più grande d’Europa: quasi 300 metri di circonferenza per circa 70 metri di profondità. Insomma non c’è qualcosa di simile a lui da queste parti e il biglietto per girargli intorno (ché non è possibile scendere all’interno) costa solo 2 euro!

Guardare questa grotta collassata su se stessa toglie il fiato. Nella parte superiore sono ancora visibili tutte le stalattiti tipiche di queste formazioni, mentre nella parte inferiore c’è una vegetazione che quasi neanche la Foresta Amazzonica. A quanto ci ha raccontato il bizzarro bigliettaio-guida in passato fra quella vegetazione i locali ci lasciavano pascolare conigli e capre-pecora per mesi, calandoceli dall’alto



Pozzo d'Antullo
Pozzo d'Antullo 
Se siete rimasti colpiti dalla faccenda dei conigli e delle capre-pecora sappiate che vi siete soffermati sulla cosa sbagliata. Avreste dovuto notare il fatto che il bigliettaio-guida era bizzarro. Come guida onestamente non era un granché (e sembrava pure sorpreso che noi fossimo lì) però aveva la vocazione dell’organizzatore turistico e in un impeto di ospitalità ci ha pure offerto caffè e caramelle. Ma non è ancora il tempo di parlare delle caramelle: teniamole da parte.
Il nostro piano iniziale era Pozzo d’Antullo + Grotte di Collepardo + Abbazia di Casamari, ma il nostro simpatico bigliettaio-guida trovava inaccettabile questo piano e ci ha proposto un’alternativa: Pozzo d’Antullo + Grotte di Collepardo + Certosa di Trisulti + Capo Fiume, che poi è un ristorante. L’idea ci ha incuriosito, ma non sapevamo ancora cosa fare. Nel dubbio, comunque, abbiamo proseguito la nostra strada verso le Grotte di Collepardo.

Per raggiungere le grotte abbiamo riattraversato il paese e preso a destra sulla via principale, scendendo verso la vallata del fiume. Lì c’è l’ingresso delle grotte che, in passato, erano conosciute anche come le Grotte della Regina Margherita, in onore di Margherita di Savoia che le andò a visitare.

L’ingresso alle grotte costa solo 5 euro se si è in possesso del biglietto del Pozzo d’Antullo. In alternativa con il biglietto intero delle grotte si può visitare il pozzo gratuitamente. Insomma two is megl’ che one! Se non fosse che abbiamo avuto la vaga sensazione che la guida delle grotte odiasse il bigliettaio-guida del pozzo, si potrebbe quasi dire che sono tutti una gran bella famiglia.

Le Grotte di Collepardo non sono grandissime, ma sono molto particolari. Prima di tutto perché il loro ingresso è immenso, non stretto e angusto come è di solito quello delle grotte, e poi perché invece di scendere qui si sale. Ebbene sì: noi saliamo anche quando andiamo sottoterra!

Le grotte sono composte da due sale, ma solo una è visitabile: nell’altra ci sono ben 5 specie di pipistrelli che di questo periodo dormono. Piccola parentesi animalista: ho scoperto che stiamo uccidendo i pipistrelli. Volete sapere come? Tentando di ammazzare le zanzare. Noi proviamo ad avvelenarle e loro sopravvivono, poi però i pipistrelli se le mangiano e – zac! – ci restano secchi. Nel caso stiate pensando che non vi importa… i pipistrelli mangiano 20.000 zanzare a notte. 20.000! 20.000, signori! Immaginate quanto vivremmo una vita più zanzare-free se non stessimo avvelenando i pipistrelli.
Le Grotte di Collepardo sono un susseguirsi di stalattiti e stalagmiti dalle forme più varie. Ho visto vecchi, amanti e grifoni di calcare. In alcuni punti erano anneriti dalla luce del sole che riesce ad entrare, in altri erano ancora bianchi e promettenti di nuova crescita.
Ingresso alle Grotte di Collepardo
Grotte di Collepardo

Il Ponte dei Santi e Capo Fiume, il ristorante vuoto ma pieno


Terminata la breve visita alle Grotte di Collepardo dovevamo decidere. Che fare? La Certosa di Trisulti sembrava bella e di certo non era lontana. Ci tentava molto, così abbiamo deciso di andarci a dare un’occhiata. Era quasi l’ora di pranzo.

Quando siamo arrivati ovviamente le porte erano ben sprangate. Ma che fortuna! Almeno, però, sull’uscio c’erano gli orari della visita guidata, ossia l’unico modo di entrare. La prima visita a quel punto era alle 15.30 (avremmo poi scoperto che quello era l’orario estivo e che quello invernale è invece le 15. Dannazione!). Avevamo qualche ora da occupare. Là vicino doveva però esserci un eremo. Perché non provare a visitarlo? Cosa facile se quella domenica non avessimo deciso di saltare tutti i cartelli che vedevamo. E niente: l’eremo è ben segnalato ma noi abbiamo tirato dritto. Cavolo!

Il lato positivo di mancare la meta è che ogni tanto si arriva altrove. Noi siamo arrivati al ristorante Capo Fiume, che poi era il ristorante che ci aveva suggerito il bigliettaio-guida. Capo Fiume è un ristorante sulla riva del fiume, il che fa sì che il suo nome non sia molto creativo ma certamente adatto. Accanto a lui un ampio parcheggio di ghiaia contava più macchine di quante ne avessi viste fino a quel momento in tutta la Ciociaria. Prometteva bene! Così alla fine ci siamo fidati e abbiamo parcheggiato anche noi. È allora che è cominciata la situazione strana.

Il parcheggio era pieno. Il ristorante invece era vuoto. Vuoto, gente! E quanto dico vuoto intendo che non c’era nessuno, neanche i camerieri. Anzi a essere onesto non c’era neanche il ristorante. C’era solo un corridoio con un bancone senza dietro nessuno. Punto. Sul bancone invece c’erano le caramelle, le stesse del Pozzo. Col mio fare da Sherlock Holmes l’ho notato subito e mi sono fatta una mia teoria: Capo Fiume è il ristorante del bigliettaio-guida! La teoria che invece non avevo era quella su dove fossero tutti e dove fosse finito pure il ristorante. Il Signor Coso e io ne abbiamo parlato, mentre eravamo lì, ad alta voce… nessuno è venuto comunque. A un certo punto abbiamo cominciato anche a fare le vasche nel lungo corridoio finendo quasi a casa di qualcuno. Non sapevamo che fare.

Quello che è importante che voi sappiate è che lungo tutto il corridoio c’erano delle porte blindate. Ed è proprio da una di questa che è spuntata fuori, alla fine, una signora che, dopo averci guardato un po’ perplessa, ha capito cosa eravamo: clienti. Così ci ha accompagnato dietro un’altra porta blindata e… magia! Eccolo finalmente il ristorante ed ecco i commensali! Cioè manco il binario 9 e ¾ emoziona tanto! Ciò che però non c’era era la mia sedia nel tavolo che avevamo scelto, ma non temete: me ne hanno data una alla velocità della luce.

Ora io spoilero subito: ho amato Capo Fiume! Però è veramente un posto strano. Perché? Beh, i motivi sono tanti:

  1. Non hanno il menu, ma in compenso la cameriera ha pensato bene di chiedere a noi, perfetti sconosciuti, cosa volessimo senza dirci prima cosa ci fosse da mangiare
  2. Nonostante non avessimo preso un antipasto ci hanno portato bruschette e formaggi quasi stupendosi del nostro debole tentativo di rimandare indietro il piatto. Era un omaggio e noi ci abbiamo messo un attimo per capirlo
  3. A fine pasto, dopo aver rifiutato dolce, frutta e caffè e aver chiesto il conto, ci siamo sentiti rispondere “va bene vi porto dei cantucci!” e l’hanno fatto davvero. L’ho già detto che li amo?
  4. Coperto + acqua di fonte + due abbacchi che si scioglievano in bocca e che ci hanno riempito neanche fossimo delle piñata + patate per un esercito + bruschette e formaggi nell’attesa + cantucci rigorosamente offerti = 22 euro in due scontati a 20 euro perché… boh! Perché vogliono andare in perdita? Non lo so ma è stato meraviglioso!
Insomma il posto più strano del mondo ma il bigliettaio-guida ci ha dato proprio un buon consiglio. Che poi il ristorante è accanto al Ponte dei Santi, un vecchio ponte erboso e suggestivo che però non si nota subito e infatti noi abbiamo preso la macchina per uscire dal parcheggio e fermarci due metri più in là. Niente, quella domenica non avevamo proprio alcun senso!

Una volta con lo stomaco pieno, però, era il momento di rimettersi in cammino. Mancavano ancora tante cose da vedere: l’Eremo di San Domenico, il Monastero di San Domenico, la Certosa di Trisulti, l’Abbazia di Casamari… Ma di questo vi racconto la prossima settimana. Prima fatemi digerire l’abbacchio.

Ponte dei Santi
Ponte dei Santi, vicino al ristorante Capo Fiume
Tutte le foto sono mie e del Signor Coso 
Discalimer: il ristorante non mi ha pagato per questa recensione, non sa che l'ho fatta e con ogni probabilità non sa neanche dell'esistenza di questo blog. Semplicemente il posto era fantastico e mi andava di dirlo.

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