venerdì 30 novembre 2018

L’ESCURSIONE AL RIFUGIO SENNJOCH HÜTTE

LA VOLTA DELLE SCUDISCIATE DEL SOLDATO


È da un po’ di tempo che non vi racconto un’escursione. Per questo ho pensato di ripartire da una di inaspettata bellezza: la mia prima escursione su una Seven Summit, nella Stubaital. Sto parlando dell’escursione al rifugio Sennjoch Hütte, da cui è poi possibile intraprendere la salita sull’Hoher Burgstall, la più piccola delle Seven Summit ma non per questo meno bella. 


Panorama all'arrivo dello Schlick2000
La vista della Schlick2000 al suo arrivo

L’arrivo alla piattaforma panoramica Stubai Blick


Il giorno dell’escursione al rifugio Sennjoch Hütte non era la prima volta che tentavo di prendere la funivia Schlick2000, al termine della quale ha inizio l’escursione. Il Signor Coso e io avevamo già provato a prenderla appena arrivati in Austria. Dopo un’oretta di riposo nel nostro appartamento, ché dopo otto ore di viaggio era il minimo, abbiamo fatto un salto a Fulpmes per prendere la funivia e andare alla Stubai Blick, la piattaforma panoramica forse più nota della valle. Ovviamente però l’oretta di riposo era un’oretta di troppo: siamo arrivati che la funivia chiudeva. Maledizione!

Visto il buco nell’acqua di qualche giorno prima il piano era semplice: prima di raggiungere il rifugio Sennjoch Hütte e da lì intraprendere la via per la vetta dell’Hoher Burgstall avremmo fatto un salto alla Stubai Blick. Purtroppo per noi, però, l’idea era venuta in mente anche a metà valle. Alle 9, appena la funivia ha aperto le porte, c’era già abbastanza gente da costringerci a condividere il nostro piccolo abitacolo da 6 passeggeri con 4 tedeschi. 4! 4 loro e 2 noi facevamo 6. Sapete invece cosa non facevamo? Respirare! O almeno io non respiravo. Prendevo solo fuoco e quasi collassavo per il caldo. A un certo punto, intrappolata in quella gabbia di vetro e fiamme infernali, ho contemplato anche l’idea di forzare il finestrino e buttarmi di sotto. Sì sarei morta, ma volete mettere quanta aria fresca avrei trovato mentre precipitavo? E poi lo dice anche Cassel ne La Haine: “il problema non è la caduta, ma l’atterraggio”.

Contro ogni previsione, però, non ho abbandonato l’abitacolo e, stringendo i denti, sono riuscita ad arrivare ancora viva alla fine della funivia a 2300 metri circa. Mi meriterei quasi un applauso.

A questo punto il peggio era passato: dall’uscita della funivia, prendendo a destra, in circa 10 minuti si raggiunge tramite un facile sentiero in quota la Panoramaweg Stubai Blick, una piattaforma a mio parere molto più bella della piattaforma Top of Tirol che avevamo visto pochi giorni prima. Soprattutto quello che la Stubai Blick ha e Top of Tirol no è un sentiero decisamente sui generis: panchine-statue di tutti i tipi (una di pietra, una a forma di cuore, un dondolo-seggiovia, due brutte cose di metallo sostenute da chele, che poi dovrebbero essere due noci sostenute da mani, etc.) si susseguono una dopo l’altra fino all’arrivo alla piattaforma. Per tutto il tempo io mi sono posta una sola domanda: ma perché? Ancora non l’ho capito. Davvero è questo quello che cerca chi fa trekking in Sud Tirol?

La bellezza della Stubai Blick è costituita soprattutto dalla sua triplice vista grazie alle tre sporgenze della piattaforma panoramica. E, ovviamente, tre sporgenze ma quanti angoli dove farsi mezza foto? Nessuno! L’ho già detto che c’era una bolgia che neanche l’Apple Store all’uscita dell’ultimo Iphone?

Piccola parentesi d’obbligo sulla Stubai Blick: proprio qui si può leggere la storia delle streghe della Stubaital e di come Fulpmes fuggisse il loro temporale e salvasse il suo raccolto suonando la campana e spingendo così il temporale sul paese vicino (un po’ infame questo Fulpmes se volete la mia!) e di come il paese vicino abbia tentato, senza successo, di corrompere Fulpmes per farlo smettere di suonare sta benedetta campana. E io mi chiedo una sola cosa: ma perché i vicini non si sono fatti pure loro una campana? Ma pure un campanello per lo meno. Bah!


L'inizio in salita del sentiero vero la piattaforma panoramica Stubai Blick
Il sentiero vero la piattaforma panoramica Stubai Blick

La salita sul Gipfelkreuz


La Stubai Blick è una strada senza uscita quindi per fare qualsiasi cosa bisogna tornare sui propri passi, lungo il sentiero 10, e raggiungere di nuovo la funivia.

Da qui si potrebbe intraprendere subito la strada per il rifugio Sennjoch Hütte e avrebbe anche senso perché a conti fatti la salita all’Hoher Burgstall non è proprio rapidissima. Se però siete masochisti o semplicemente vi credete Speedy Gonzales come noi potete decidere di concedervi un’altra piccola svolta e prendere il sentiero 3 che porta dritto per dritto a Gipfelkreuz. Cosa significa Gipfelkreuz è presto detto: Pizzo Croce. E indovinate cosa c’è in cima al pizzo? Un unicorno! No, scherzo, quello giusto in ufficio da me. Una croce, ovviamente!

Non immaginatevi Gipfelkreuz come chissà che montagna gigantesca. È piuttosto una piccola montagnola non troppo alta. E infatti la salita per arrivare in cima è davvero breve, ma pendentissima, ve lo assicuro! La peculiarità vera di questa salita (ebbene sì! Una particolarità doveva esserci pure qui) è che parrebbe che l’intero sentiero sia incastonato in un giardino botanico. Dico “parrebbe” perché in realtà io non è che abbia visto un granché di fiori particolari mentre salivo. Sì qui e là ci sono piccoli, piccolissimi fiorellini, un po’ più particolari di quelli di campo, ma nulla che avessi mai associato al concetto di “giardino biologico”. Magari, però, sono solo io che non capisco. 


Comunque sembra che l’intero Pizzo Croce sia votato alla piccolezza: piccola montagna, piccola salita, piccoli fiori e piccola cima dove non ci si entra proprio in più di due e stando vicini vicini. Insomma ho trovato il regno dei Lillipuziani, altro che Gulliver!


Panorama delle montagne della Stubaital dal rifugio Sennjoch Hutte
Panorama delle montagne della Stubaital dal rifugio Sennjoch Hutte

L’escursione al rifugio Sennjoch Hütte


Per ridiscendere da Gipfelkreuz dovrebbe esserci una ferrata. C’è persino un cartello a indicarla, ma il Signor Coso e io non l’abbiamo vista da nessuna parte: né quando eravamo in cima a Pizzo Croce né quando eravamo ai suoi piedi, da un lato o dall’altro. È la ferrata fantasma! E io che credevo che la ferrata di Schrödinger fosse l’Elferkofel!

Noi, comunque, nel dubbio siamo tornati sui nostri passi e ridiscesi verso la funivia per il sentiero 3. Okay che gli austriaci mentono sempre, ma se avessero detto il vero sulla klettersteig? Il Signor Coso e io non avevamo l’attrezzatura, quindi meglio non rischiare.

A questo punto non c’erano più svolte che ci potessero tenere lontani dal rifugio Sennjoch Hütte e quindi abbiamo preso il sentiero 2, un sentiero in quota che sulle prime era quasi piacevole. Il caldo intanto aumentava o per lo meno a me sembrava così. Grondavo sudore e mi sentivo andare a fuoco. La lieve salita che, passando sotto i sostegni per evitare la neve, ci portava avanti era quasi una benedizione per me. Giuro che ho pensato “grazie al cielo che da qui in poi la strada è così”, ma ormai avrete imparato no?! Nel momento in cui penso di essere salva, è lì che la strada si fa difficile!

Come da copione, infatti, a un tratto è iniziata una malefica salita, molto ma molto più faticosa e ripida del lieve pendio precedente, sotto il sole cocente che lentamente ha risucchiato ogni mia energia, ma soprattutto ogni voglia di vivere. Com’è che diceva Cassel? Il problema è l’atterraggio? Ecco! Ero atterrata! E per altro ero finita nel bel mezzo della versione austriaca del Monte Camicia. Maledizione!

Per rendere più “divertente” il lento ma inesorabile rosolare della carne e l’ancora più ineluttabile deterioramento dei nervi, sono comparsi d’improvviso, protagonisti indiscussi della salita, degli arbusti spinosi che, sull’attenti, affollavano il sentiero sia a sinistra che a destra costringendoci a passare in mezzo. La scudisciata del soldato! Giuro! Specie perché io ero con i pantaloncini corti e ogni mezzo passo era un “ahi!” e un salto dall’altro lato dove però, puntuale come un orologio svizzero, trovavo un altro arbusto e di nuovo “ahi!” e salto e così via all’infinito. Alla fine sarei quasi potuta sembrare un cactus gigante. Spine 1, me 0.



La cosa più bella comunque sapete qual è stata? Che quando il Signor Coso ha letto il sottotitolo di questo articolo (La volta delle scudisciate del soldato) mi ha chiesto “quale soldato?”. Il che significa, essenzialmente, che la mia metamorfosi in cactus è passata totalmente inosservata. Sono mortalmente ferita da questa distrazione del Signor Coso. Ero una donna-cactus bellissima! Spinose come me non ce n’è in giro!

Ad ogni modo superati gli spinosi arbusi in poco tempo abbiamo raggiunto il rifugio Sennjoch Hütte dove ci siamo fermati qualche minuto a riprendere fiato (sì, io stavo morendo. Il Signor Coso come al solito mi sbatteva in faccia i suoi mesi di allenamento non mostrando neanche un sospiro in più del solito). Nel frattempo abbiamo controllato il meteo: non volevamo imbatterci in un diluvio universale. Questione importante, perché da qui in poi dovevamo attaccare la via per l’Hoher Burgstall che ho nominato a ripetizione in questa storia, ma che vi racconto la prossima volta. In fin dei conti dopo 40 minuti di escursione (senza contare il sentiero per lo Stubai Blick) un attimo di pausa me lo potrò pure prendere no?! Ecco, una “pausetta” di una settimana e poi vi racconto la mia prima salita su una Seven Summit: l’Hoher Burgstall!


Il rifugio Sennjoch Hutte
Il rifugio Sennjoch Hutte

Scheda dell’escursione:

Partenza: Fulpmes (funivia)
Difficoltà: E
Sentieri: 3, 10, 2
Rifugi: Rifugio Sennjoch Hütte

Le foto sono mie e del Signor Coso

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