venerdì 2 novembre 2018

L'ESCURSIONE ALL'EREMO DI POGGIO CONTE

LA VOLTA CHE UN CANE ERA INDECISO SE INVESTIRCI O SBRANARCI… O TUTTE E DUE


Chiariamo una cosa: il trekking non è bello solo quando si arriva su vette altissime. Ci sono certe piccole grandi meraviglie qui in Italia che sono alla portata di tutti. Basta avere la pazienza di andarle a scovare, perché sono ben nascoste. Oggi voglio aiutarvi a scoprirne una: l’escursione all’Eremo di Poggio Conte, un sentiero pianeggiante, non troppo lungo, facilissimo e tranquillissimo, perfetto per tutti.


L'Eremo di Poggio Conte e la cascata che lo affianca
Vista dell'Eremo di Poggio Conte e della sua cascata

A caccia dell’Eremo di Poggio Conte


A essere onesti il Signor Coso e io non eravamo esattamente alla ricerca dell’eremo quando ci siamo imbattuti in lui. Non che lo avessimo trovato di improvviso, lo ammetto, ma il fatto era che semplicemente avevamo un weekend libero, una vaga idea di passarlo sul Lago di Bolsena e un amico di famiglia del Signor Coso che essendo del luogo ci ha dato due (ottimi) consigli:
  1. di andare a mangiare in uno squisito ristorantino di Laterna, “La cantina del Mago”, famoso soprattutto per il sopralardo che ha fatto venire tipo gli occhi a cuoricino al Signor Coso che, meno bastian contrario di me, si è mangiato anche il secondo e non solo il primo (ci tengo a precisare che la menzione di questo locale non è in alcun modo una pubblicità voluta. È solo che mi è proprio piaciuto a bestia, e basta!); 
  2. di farci un paio di ore di passeggiata nel bel mezzo del nulla per vedere una delle bellezze meno conosciute del viterbese: l’Eremo di Poggio Conte
Ovviamente quello che ha spinto noi ad andare è stato il ristorante, mica l’eremo! E fra i due, se proprio lo volete sapere, quello che ci ha fatto più perdere è stato sempre lui: il ristorante. Laterna è un dannato labirinto di stradine talmente pendenti che tra poco la macchina ci lasciava per strada! Alla fine ci è toccato parcheggiare ammassati a un muro, su di una pendenza del 200% e metterci a cercare a piedi sto maledetto ristorantino. Se ci volete andare io ve lo dico subito: parcheggiate alla prima occasione buona, pure al paese accanto, che tanto non c’è speranza di arrivare in bocca al ristorante con la macchina, ma manco di arrivargli vicino.

Fatto sta che il giorno dopo, data l’esperienza con La cantina del Mago, che doveva essere la meta facile da trovare, il Signor Coso e io avevamo un po’ di dubbi di riuscire a trovare questo romitoro dell’anno Mille, più o meno. Che poi se non lo sapeste, perché magari siete ignoranti come lo ero io fino a un minuto fa, romitoro o romitorio è un sinonimo di eremo. E pure per oggi la parola del giorno è andata!

A quando risalga veramente l’eremo non è dato saperlo. Ciò che sappiamo è che la sua prima testimonianza scritta risale al 1027 d.C., ma che probabilmente lo stile che si può godere oggi gli è stato dato tra il XII e il XIII secolo. Che poi a voler essere precisi va detto che non è proprio vero che lo stile che vediamo oggi è quello originario. Prima c’erano anche degli affreschi degli apostoli che io non ho visto neanche di striscio: nel 1964, molto prima che nascessi, ne sono stati trafugati 6, il che ha portato inevitabilmente lo spostamento dei restanti nel Museo Civico di Ischia di Castro, dove tuttora sono esposti.

Quindi se volete andare a vedere gli affreschi andate al museo; se invece volete andare a vedere l’Eremo di Poggio Conte, anche detto San Colombano, ora vi spiego come fare. 

Il fiume ai piedi dell'Eremo di Poggio Conte
Il fiumiciattolo e le panchine nella conca ai piedi dell'Eremo di Poggio Conte

La via per l’Eremo di Poggio Conte


L’Eremo di Poggio Conte sorge nel territorio comunale di Ischia di Castro (VT), in una zona dove in passato sono state ritrovate anche tombe etrusche a camera intagliate che nel medioevo furono tramutate in camere per i monaci.

Il punto di attacco dell’escursione è un po’ misterioso perché, in sostanza, è uno slargo lungo la strada non meglio identificato. Noi abbiamo avuto fortuna: quando siamo arrivati in zona c’erano già due macchine nello slargo e delle persone (di ritorno dall’escursione) a cui chiedere. Per aiutare voi, invece, il Signor Coso ha reperito le coordinate GPS: 42.518227, 11.613413. Messa così sembra una grande avventura no? Tipo il giro del mondo in ottanta giorni. Solo che questo giro è un po’ più corto. Giusto un po’!
Dallo slargo si intraprende un sentierino sterrato che quasi fa precipitare dentro casa di uno. Non proprio dentro casa, a dire il vero: dentro la fattoria. Non che questo sia così sorprendente: sulle Dolomiti capita abbastanza spesso di imboccare nei recinti altrui, ma qui in Centro Italia siamo un po’ più contenuti in casi simili. Per questo si svolta a destra e si fa un giro più ampio evitando di invadere la proprietà privata di un povero viterbese sconosciuto. Si ridiscende quindi oltre la fattoria e si prosegue su un terreno anche un po’ fangoso fino a raggiungere il fiume Fiora, un lunghissimo fiume che quasi fa invidia al Danubio (83 chilometri!) e che nasce dal bel Monte Amiata.
A questo punto sbagliare strada è impossibile! Si prosegue, lasciandosi il Fiora a destra, sul lungofiume, una strada pianeggiante e sassosa, quasi una wanna-be-spiaggia, scoperta e senza una traccia d’ombra. E siccome siamo lucci ricordatevi: noi andiamo nel senso della corrente. Seguiamo il fiume!

Sarà che tutti gli altri sono salmoni, ma vi giuro che non abbiamo incontrato una sola anima viva. Il che, sommato alla totale mancanza di cartelli, ci ha cominciato a far sorgere un piccolo, insignificante dubbio: ma non è che avevamo totalmente sbagliato strada? Cosa che, come prevedibile, aveva degli ovvi corollari: come era possibile? Stavamo andando a tuffarci nel Mar Tirreno? C’era modo, lungo la strada, di barattare le scarpe da trekking con dei braccioli? I tipi alla piazzola avevano mentito? Erano dei sadici che come hobby mentivano sui sentieri escursionistici? Dove diamine stavamo andando? Saremmo finiti nella pampa uruguayana? (sì era un ovvio corollario anche la pampa). Insomma, per farla breve, stavamo nel bel mezzo di un attacco di ansia e tachicardia. E io lo davo pure a vedere. Tanto eravamo solo il Signor Coso e io e voi pensate davvero che io che sclero sia una novità per il Signor Coso? Su dai! Siamo realistici!

Fatto sta, comunque, che dopo un po’ che si procede si raggiunge il bosco dove bisogna obbligatoriamente immergersi, tanto non è che ci siano altre strade alternative. Nonostante il bosco sia un intrigo di fitto sottobosco, rocce muschiate ed erba ovunque, o forse proprio per questo, vi posso assicurare che è probabilmente la parte più bella di tutto il sentiero! Sarà pure perché in un paio di punti ci sono anche dei piccoli pontili di legno per attraversare qui e là smilzi tratti del fiume Fiora.
A questo punto c’è solo un’ultima svolta a sinistra prima di imboccare una conca rocciosa dove trionfa una cascatella che il Signor Coso si ricorda essere piccola e secca e invece io ricordo normale e scorrevole. Chi ha ragione? Boh! Saranno passati quattro anni da quando siamo stati laggiù! Quello che ci ricordiamo entrambi, comunque, sono una serie di panchine messe a semicerchio, come se la conca fosse un piccolo anfiteatro naturale.

Attraverso una scaletta a sinistra è, alla fine, possibile raggiungere questo isolato eremo, una grotta di due stanze ricavata nella roccia. La sua vista toglie il fiato per quanto è suggestivo. In una delle due stanze attualmente c’è un presepe, ma la vera bellezza è il soffitto decorato da incisioni e dipinti floreali e geometrici. Di solito gli eremi non hanno decorazioni del genere, motivo per cui qualcuno ha supposto che l’Eremo di Poggio Conte sia appartenuto, per lo meno all’inizio, nel XII secolo, all’Ordine dei Templari. Se già pensate, però, di andare lì a caccia del Santo Graal lasciate perdere: quello lo trovate giusto nel Codice da Vinci. 



Il ritorno dall’Eremo di Poggio Conte


La via del ritorno è la stessa dell’andata. Sapendo già che era la via giusta non mi avrebbe dovuto preoccupare molto, ma a quel punto il sole stava tramontando, il sentiero era sempre più deserto e dall’altra parte del fiume si sentivano sempre più spesso gli spari dei cacciatori per cui… niente! Sono morta di tachicardia pure sulla via del ritorno. Che vita grama quella dell’escursionista!

Comunque a conti fatti quest’escursione è stata veramente fattibilissima, al punto che non ricordo neppure se avevo le scarpe da trekking o meno. Certo è che, se non è necessario preparare chissà che tipo di zaino (però ricordatevi che lungo il sentiero non c’è alcuna traccia di ristoro), può essere una buona idea mettersi le scarpe da trekking: il fango è veramente tanto!

Tornati alla macchina credevamo di essere riusciti a scamparla senza troppi problemi, ma ignoravamo che il mostro finale era a un passo da noi. Neanche avevamo percorso un paio di metri che un pastore maremmano si è fiondato contro di noi da uno dei pascoli che costeggiano la strada e ci ha cominciato ad abbaiare contro con la bava alla bocca. Giuro: era furioso! Ci ha persino inseguito in quello che non ho ben capito se era un tentativo di essere investito o di investire noi. Solo una cosa posso dire: a un certo punto mi sono pure chiesta se il cane poteva essere in grado di aprire la macchina. Era talmente arrabbiato che sembrava quasi volerci provare. Non lo nascondo: io nel dubbio ho chiuso tutte le portiere. Però pure tu cane: noi eravamo in strada mica nel tuo pascolo tra le tue pecore! Mamma mia come sei esagerato! 


Alberi intorno all'Eremo di Poggio Conte
Il miracolo dell'Eremo di Poggio Conte: alberi apparentemente sani con le radici all'aria

Scheda dell’escursione:


Partenza: Ischia di Castro, coordinate GPS "42.518227, 11.613413"
Arrivo: Ischia di Castro, coordinate GPS "42.518227, 11.613413"
Difficoltà: E
Durata: 2,30 ore circa


Le fotografie sono mie e del Signor Coso. Le riprese del video le ha fatte il Signor Coso, il montaggio è mio. La musica del video è free copyright e viene dal sito Purple Planet Music

2 commenti:

  1. Molto bello . c'è anche la natività.bel posto davvero!

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    1. Un posto stupendo, ma purtroppo (o per fortuna) poco conosciuto

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