venerdì 5 gennaio 2018

IL GIRO DEL SASSOLUNGO

LA VOLTA DEL “NO, NON MANCAVANO 45 MINUTI MALEDETTO TU, CARTELLO, E TUTTI I CARTELLI TUOI PARENTI!”

Certi monti nascono con dei gemelli, che però non gli somigliano per niente. Si fanno compagnia nei millenni. O almeno io certi monti li ho sempre immaginati un po’ così; come ad esempio il Sassopiatto e il Sassolungo.

Vista del Sassolungo

La partenza da Col Rodella


La mia prima estate sulle Dolomiti, come ho già raccontato, si aprì con il Sassopiatto e si concluse con il Sassolungo che, in qualche modo, è il contrappasso del Sassopiatto. Tanto che per arrivare ad attaccare il giro del Sassolungo il Signor Coso e io abbiamo comunque preso da Campitello la funivia per il Col Rodella.

Per essere onesti non è che fosse proprio obbligatorio prendere la funivia. Se si vuole evitarla per, mettiamo il caso, problemi di vertigini (ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale, giuro che non sto parlando del Dottor Uka e di Wiiiiiwoman!) si può raggiungere Passo Sella con un autobus. Ma non soffrendo di vertigini, noi, abbiamo pensato di fare il giro per bene.

Così, una volta raggiunto il Col Rodella e ignorata l’omonima ferrata, ci siamo avviati per il famoso discesone spacca-ginocchia di sei giorni prima. Alla Forcella Rodella, però, abbiamo trascurato il sentiero a sinistra e via a destra fino a raggiungere Passo Sella.

Qui abbiamo incontrato Wiiiiiwoman e il Dottor Uka che, per motivi misteriosissimi, avevano raggiunto Passo Sella comodamente seduti sul sedile di un pullman. E sempre da qui il Signor Coso ed io siamo saliti sull’ovovia a due posti che in pochi minuti porta al Rifugio Demetz (2685mt). Ancora una volta, per motivo ignoto, il Dottor Uka e Wiiiiiwoman hanno rifiutato la funivia e hanno preso subito la via per la Città dei Sassi. Arrivati a Passo Sella, infatti, si può decidere se fare il giro in senso orario o in senso antiorario. Il Signor Coso e io lo abbiamo fatto in senso orario quindi della Città dei Sassi per il momento non si parla.


Vista dalla Forcella del Sassolungo

Il giro del Sassolungo


Se si fa trekking in Val Gardena è praticamente un dovere morale fare il giro del Sassolungo. Quindi, in qualche modo, è un dovere morale passare davanti al Rifugio Demetz. Sarebbe, però, un dovere morale del Rifugio Demetz avere sempre un krapfen pronto. Un buon, panciuto, krapfen alla marmellata di albicocche… E invece non c’era! Dirò solo questo: non c’era!

Il rifugio riposa a pochi passi dalla Forcella del Sassolungo (2679mt) che si stringe tra imponenti pareti verticali. Superatala e affrontati i ripidi gradoni di pietra e il successivo ghiaione fisiologicamente scivoloso come sapone (no! Non sono caduta! Ma per chi mi avete preso? Mica faccio tutte le escursioni col sedere per terra!) siamo riusciti a raggiungere, battendo un po’ i denti per il freddo di quel tratto di sentiero, il Rifugio Vicenza (2256mt). A questo punto la mia speranza per un krapfen doveva essere ormai defunta perché non ricordo di averlo cercato.

La peculiarità del Rifugio Vicenza è il balconcino che si apre sulla vallata circostante e che vale tutto il freddo e il buio del canalone precedente. Qui il Signor Coso giura ci sia un tetto verde, ma io non ho capito di che tetto parli e soprattutto come faccia a ricordarsi il suo colore quindi prendete questa informazione per quello che è: un gigantesco “meh” da parte mia (errata corrige: il Signor Coso parlava del tetto del rifugio, ma poi ha controllato su internet e appare evidente che sono le finestre verdi, non il tetto. Quindi confermo: meh).

Poco distante dal rifugio si apre un bivio: andando a sinistra ci si ricongiungerebbe con il Sassopiatto, mentre a destra si prende il sentiero n. 526, ovvero la Via Stradal, che aggira il Sassolungo. Per amor di correttezza vi informo che abbiamo preso questo sentiero, ma c’era un cartello che giurava che da quel bivio si potesse raggiungere il mare. Davvero! Non specificava quale mare, ma a questo punto poteva anche essere il Mar Rosso per quanto ne so io. Prima regola da ricordarsi quando si è sul Sassolungo: non fidarsi dei cartelli! Vi venderebbero pure per meno di trenta denari… d’ottone!

Abbandonato il Rifugio Vicenza la strada per il successivo e ultimo rifugio è lunga e variegata. Si passa da un pianoro ghiaioso, a un tratto di sentiero in un boschetto, a rocce, a neve, a ghiaia di nuovo e persino a ripide scalinate di pietra. C’è anche un suggestivo momento in cui si cammina su una via stretta con un piccolo dirupo a sinistra e la parete di roccia a destra e nel frattempo rivoli d’acqua sulla parete e sotto i piedi (e a volte anche un po’ in testa).

Però, appunto, la via è lunga e i cartelli infami. Davvero: Giuda era più gentile e affidabile! Diciamo solo che quegli ignobili – perché non è stato solo uno: si erano messi d’accordo quei meschini! – hanno cominciato a giurare che mancasse poco al rifugio, più o meno 45 minuti. E quando hanno cominciato a dirlo era ormai da ore che noi camminavamo e il Rifugio Comici ha la particolarità che si vede da lontano e sembra così vicino che alla fine ci abbiamo creduto che i cartelli non mentissero.

I cartelli mentivano! Mentivano spudoratamente. Della serie che loro dicevano 45 minuti e invece sono stati più o meno 180. Che se stessimo parlando di angoli sarebbero piatti non acuti. Ora, sono passati un po’ di anni da quella mattina in cui io quasi persi il senno a causa di quei malefici, infingardi pezzi di legno menzogneri per cui potrebbe darsi che li abbiano corretti, ma voi nel dubbio non fidatevi troppo.

Alla fine, comunque, siamo arrivati al Rifugio Comici (2153mt) dove abbiamo ritrovato Wiiiiiwoman e il Dottor Uka che mentre noi camminavamo… niente! Poltrivano lì aspettandoci. Il rifugio mette persino a disposizione dei tappetini per farlo quindi posso capire la loro scelta.


La vista del Rifugio Vicenza dal sentiero di avvicinamento

Il ritorno a Campitello


Dopo un pranzo soddisfacente, ma decisamente troppo costoso per i miei gusti e aver dribblato il preside della nostra scuola superiore (per fortuna che eravamo già tutti diplomati!) che incredibilmente se ne stava al Comici a mangiarsi un piatto di pasta, ci siamo riavviati verso casa. Finalmente, quindi, anche il Signor Coso e io abbiamo percorso la via della Città dei Sassi, un monumento naturale fatto di rocce e alberi.

In circa un’oretta, un’oretta e mezza siamo tornati a Passo Sella. Qui ci siamo divisi un’altra volta: il Dottor Uka e Wiiiiiwoman hanno nuovamente scelto, chissà perché, di aspettare mezzora la navetta invece di affrontare la funivia, mentre il Signor Coso e io abbiamo rifatto la strada all’inverso. Siamo tornati alla Forcella Rodella, abbiamo risalito il discesone spacca-ginocchia, che sta volta era un salitone un po’ meno spacca-ginocchia, e ci siamo fatti riportare a Campitello dalla funivia del Col Rodella. E ci tengo a dirlo: siamo arrivati primi! Quindi, a tutto diritto, siamo stati i primi a farsi la doccia. Vedi che ci si perde a soffrire di vertigini. Ah, no, cioè non volevo dire che loro… va beh!


Panorama della Città dei Sassi sul Sassolungo

Scheda dell’escursione:


Partenza: Campitello (funivia)
Arrivo: Campitello (funivia)
Difficoltà: E
Durata: 6 ore e mezza circa
Dislivello: 540mt 

Sentieri: 526
Rifugi: Rifugio Toni Demetz, Rifugio Vicenza, Rifugio Comici


Tutte le foto sono del Signor Coso e del Dottor Uka

4 commenti:

  1. Cartelli bugiardi....quei maledetti. Credo che sia una cattiveria tutta italiana ����

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    1. In effetti tra questi e quelli di Rocca Calascio è difficile scegliere i più malefici (prescindendo dal fatto che in generale sull'Appennino è una sfida trovare dei cartelli fatti bene) :)

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  2. E comunque: foto fantastiche! :)

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