venerdì 19 gennaio 2018

LA FERRATA DEGLI ARTISTI

LA VOLTA CHE “PORTIAMOCI TUTTO: FARÀ FREDDO E CI SARÀ VENTO” E POI FINIAMO NEL SAHARA

Tra tutti i regali che ho ricevuto nella mia vita ce ne è uno del Signor Coso che spicca. Perché se questo natale, per rimanere in tema, mi ha regalato un libro di Walter Bonatti e uno di Simone Moro (che sto leggendo proprio in questi giorni) più o meno un anno fa mi ha regalato la Ferrata degli Artisti. Ma dico io: dove lo trovo un altro signor coso che mi regala una ferrata?

Un tratto della Ferrata degli Artisti

L’avvicinamento alla Ferrata degli Artisti


Prima di tutto chiariamo una cosa: il regalo me lo ha fatto a gennaio, ma a fare la ferrata ci siamo andati a giugno. Aspettavamo un tempo un po’ migliore così da fare in un colpo solo mare e monti, perché la Ferrata degli Artisti, per chi non lo sapesse, è sulle Alpi Liguri e si può andare in Liguria e non farsi un tuffo in mare? Persino io che ho paura dell’acqua non ho resistito!

Comunque dato il nostro malefico piano di unire montagna e mare avevamo preso un hotel sulla costa e vi lascio immaginare la faccia che ha fatto l’albergatore quando ci ha visto arrivare con zaino da trekking, casco e chi più ne ha più ne metta al posto di infradito e telo da mare. Stonavamo un po’ con l’ambiente, lo ammetto, ma – ehi! – il Bric Agnellino era a un passo da lì.

Che poi proprio a un passo non è vero. Ché per arrivarci abbiamo dovuto prendere l’autostrada e dopo essere usciti ci è voluta quasi un’ora per raggiungere Isallo, la frazione di Magliolo da cui si raggiunge la ferrata. E per fortuna che c’erano buone indicazioni per trovarla ché almeno non ci siamo persi (e il rischio c’era). Comunque all’inizio della strada sterrata abbiamo pensato che fosse giunto il momento di chiedere indicazione: ché fidarsi dei cartelli è bene, ma non fidarsi è meglio, come ci insegnano il giro di Rocca Calascio e il Sassolungo. In realtà quello che ci preoccupava di più era proprio la strada sterrata, non tanto se quella fosse o meno la strada giusta, perché in sostanza era un rally con voragini capaci di portarci in Cina.

Siccome all’inizio della stradina c’erano due alpinisti che si preparavano a lasciare la loro bella Mito, abbiamo pensato di chiedere a loro se sapessero se rischiavamo di lasciarci la macchina a mettere anche solo mezza ruota su quell’inferno di crepacci e massi aguzzi. I due hanno guardato la mia piccola utilitaria e ci hanno assicurato che sarebbe andato tutto bene e che potevamo avventurarci con la nostra quattro ruote laddove la loro Mito non osava. Poi, già che ci stavano, ci hanno chiesto un passaggio perché dall’inizio dello sterrato al parcheggio è almeno mezzora a piedi.

Dal parcheggio ci siamo avviati lungo una carraia che in breve ci ha portato a incontrare a destra il sentiero che si inerpica nel bosco e che porta all’attacco della ferrata. Per fortuna avevamo ancora con noi i due scalatori della Mito: il sentiero è segnalato con una targa talmente piccola che noi non l’avremmo mai vista se non ci fossero stati loro.



Un tratto di salita della Ferrata degli Artisti


La ferrata degli Artisti


L’attacco è immediatamente su una paretina da dove si capisce già come è l’intera Ferrata degli Artisti: molte staffe, poca tecnica.

La parete è breve e quasi subito ci si ritrova su un sentierino esposto ma sicuro che porta alla cresta dei Balzi Rossi, cosiddetti perché la roccia laggiù è quasi tutta rossa. Da allora in poi comincia un sali e scendi costante che accompagna tutta la ferrata così come il filo di acciaio che a volte agisce più da corrimano ché da sicurezza e che a volte è persino superfluo e fastidioso.

La cosa veramente fastidiosa di tutta l’escursione, però, è stato il caldo. Noi eravamo partiti dall’hotel con nello zaino tutto il necessario per affrontare il freddo e il vento con cui poteva essere sferzato un monte a un passo dal Mar Ligure, e invece non c’era niente: niente vento, niente freddo, neppure una piccola brezza marina. Niente! Solo nebbia, caldo e una cappa soffocante sopra di noi. Praticamente dopo neanche dieci minuti che eravamo attaccati al filo eravamo già zuppi nel nostro stesso sudore, ché se non ci fossimo trovati attaccati a una parete chiunque avrebbe giurato che ci eravamo buttati in mare. Non era esattamente questo che avevo in mente quando parlavo di mare e monti…

A circa metà della ferrata c’è la sua vera attrazione, ciò per cui noi eravamo andati laggiù: il ponte. Il ponte della Ferrata degli Artisti è composto da 91 pioli per un totale di circa 40 metri di lunghezza sospesi su 50 metri di vuoto. Senza nebbia immagino che faccia la sua scena, ma anche con la nebbia non era male: era come camminare nelle nuvole. Non si vedeva niente, non si vedeva neanche la fine del ponte.

Se per caso non ci si sente di fare il ponte, però, poco prima del suo attacco c’è un sentierino a destra che porta alla valle sottostante e permette di ricongiungersi alla seconda parte della ferrata. Come sia questo sentiero non lo saprei dire: io sono andata diretta al ponte e neppure ho notato questa svolta. I due mitici scalatori invece hanno tentennato un po’ e poi sono fuggiti da lì. Ci siamo rincontrati sulla parete dall’altra parte e io ve lo dico: l’adrenalina vera arriva dopo il ponte!

Subito dopo averlo superato ha inizio un traverso orizzontale su di una parete esposta su uno strapiombo che a me non sembrava così profondo (grazie nebbia di avermi dato la sensazione di camminare a un metro da terra) ma gira voce che sia decisamente profondo. Insomma se soffrite anche solo un po’ di vertigini o avete paura del vuoto decisamente questa ferrata non fa per voi.

Concluso il traverso si supera uno spigolo grazie all’uso delle molte staffe e si inizia una salita su una scala sempre composta da staffe decisamente lunga e impegnativa. E qui sono cominciati i miei problemi. Il fatto è che il weekend precedente ero stata sul Prena e quella volta mi ero vestita per il caldo dell’Appennino e poi avevo trovato neve e clima polare. Sì, non mi so vestire: mi sembra evidente. Comunque la conseguenza di quella passeggiata al freddo e al gelo era stata una contrattura al quadricipite destro che si era sciolta proprio il giorno prima della Ferrata degli Artisti e che, puntuale come un orologio svizzero, aveva fatto il suo ritorno più o meno alla quinta staffa della suddetta scala. Quindi la situazione era che ero sospesa su uno strapiombo, impossibilitata a tornare indietro e con un quadricipite che urlava vendetta ogni volta che facevo un passo avanti. Per fortuna che sono più testarda dei miei stupidi muscoli debolucci!

Superato questo tratto particolarmente esposto, comunque, si raggiunge nuovamente una larga cresta dove il cavo metallico serve soprattutto come corrimano. Più o meno a questa altezza si incontra il murale di Mario Nebiolo che dà il nome alla ferrata. Se sei un artista abbastanza pazzo da andar a disegnare su una parete di un pianoro al termine di una ferrata come minimo meriti che la ferrata sia chiamata “degli artisti”! Da qui ancora un piccolo sforzo e alla fine si arriva sulla vetta del Bric Agnellino.




Il ritorno dalla Ferrata degli Artisti


Sulla cima del Bric Agnellino c’è il libro di via e, da giugno scorso, una barretta ai cereali e cioccolato che il Signor Coso si è scordato appoggiato in bella vista su una roccia. Si è ricordato che non se l’era mangiata circa due ore dopo, quando eravamo già tornati giù. E per fortuna che tra i due è lui quello con la memoria migliore.

A te, sconosciuto che hai trovato una barretta solitaria in cima al cucuzzolo della montagna: spero che te la sia goduta!

Comunque inizialmente la via del ritorno è ostica. Meglio rimanere con l’imbragatura addosso perché è particolarmente pendente e scivolosa quindi sfruttare il cavo metallico a disposizione può essere utile. Peccato solo che sia piuttosto sfilacciato: graffiarsi è facilissimo.

Superato, però, questo primo piccolo tratto la strada si fa particolarmente tranquilla sciogliendosi in uno zig zag in mezzo ai boschi che riporta alla carraia dell’andata. Da lì si torna rapidamente al parcheggio. Ed è stato proprio quando abbiamo visto la mia piccola macchinina che l’adrenalina è tornata al massimo. Le luci erano accese. Dopo 5 ore di ferrata le luci della macchina erano accese e noi eravamo in Liguria, in un luogo senza quasi nessun altro essere vivente oltre a noi, senza cavetti per il motore… eravamo fregati! Ci siamo avvicinati con la disperazione, abbiamo provato ad accenderla e… miracolo! La macchina che in piena autostrada era impazzita spegnendo per sempre l’aria condizionata, la macchina a cui dovevo cambiare la batteria, si accendeva ancora. Neanche se l’avessi vista farsi la ferrata sarei rimasta più stupita. Ma che ci volete fare? La mia macchina è una supereroina.



Il ponte sospeso della Ferrata degli Artisti


Scheda della ferrata:


Partenza: Isallo
Arrivo: Isallo
Difficoltà: EEA
Durata: 5 ore circa
Dislivello: 670mt


Le fotografie sono del Signor Coso. Le riprese del video e il montaggio sono miei e del Signor Coso. La musica del video è free copyright ed è presa dal sito Bensound.

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