Capita a tutti di avere un acerrimo nemico. Persino il Signor Coso che, per quanto è gentile e alla mano, è quasi un gigantesco orsacchiotto pacioccoso (tipo Bear, l’orso che canta alla luna in quel programma per bambini, per intenderci) ha un acerrimo nemico. Quindi cosa c’è da stupirsi se ne ho uno io? Il mio si chiama Monte Camicia.
L’avvicinamento al Monte Camicia
Prima cosa importante: l’ostilità nei miei confronti da parte del Camicia è certa e conclamata. Due volte ho fatto un’escursione per raggiungere la sua cima e due volte lui mi ha fatto a pezzi e rosolato neanche fossi un tacchino ripieno.
Della prima escursione, però, ricordo poco e niente. Giusto il caldo che faceva e la faticaccia di arrivare in vetta. Quindi vi racconto la seconda volta. Premessa necessaria, questa, perché altrimenti non si capisce come d’un tratto sembri l’alpinista migliore del gruppo, seconda solo al Signor Coso che quel giorno, non si sa perché, si credeva il dio Mercurio per come correva in su e in giù per il monte. E invece no: sono sempre lo stesso Gollum zoppettante di sempre, solo che aver già affrontato un’escursione influisce moltissimo sulla resa complessiva della seconda volta.
L’avvicinamento per il Monte Camicia è piuttosto lineare. Se come noi arrivate da Roma basta prendere l’uscita dell’autostrada a24 Assergi e procedere per Campo Imperatore. Superati gli impianti di risalita si continua dritti. Al bivio che permette di raggiungere realmente Campo Imperatore, si gira a sinistra e si procede in direzione Castel del Monte. Su questa via, caratterizzata sia dalla vista meravigliosa dell’altopiano circostante, che non a caso è chiamato simpaticamente il Piccolo Tibet, che dalle buche-voragini che fanno invidia a quelle di Roma (ed è tutto dire), si raggiunge e si supera il meraviglioso “arrosticinaro” Mucciante importantissimo per questa escursione.
Si prende quindi a sinistra fino a raggiungere Fonte Vetica dove si trova una fontanella, un rifugio e, soprattutto, il parcheggio, perché è da qui che comincia la salita alla vetta più orientale del massiccio del Gran Sasso.
La salita al Monte Camicia
Per salire sul Monte Camicia da Fonte Vetica ci sono due possibili vie. Entrambe le volte noi abbiamo scelto di salire da quella meno scoscesa e riscendere da quella più pendente: ci è sembrato il modo migliore di affrontare questo dislivello di circa 1000 metri.
Abbiamo quindi preso, guardando la fontana, il sentiero a destra. Questa via si snoda inizialmente in una pineta di mastodontici abeti e fin da subito presenta un’elevata pendenza. Per fortuna in alcuni punti più ostici è gradonata altrimenti sarei morta già dopo i primi due passi, e con me i due amici che ci accompagnavano. Una dei due, per altro, era Wini che forse ricorderete per essere stata la burattinaia di se stessa nel giro di Rocca Calascio e che, per sua sventura, si è trovata a faticare molto più del previsto anche sul Camicia.
Per fortuna il tratto nel bosco termina velocemente e appena si esce dalla vallata ombreggiata si gira a destra percorrendo un pianoro erboso da cui si può osservare tutta la piana di Campo Imperatore. Il Camicia è un monte faticoso, ma offre in cambio splendide vedute. Proseguendo ancora lungo la salita, infatti, si riesce persino a vedere il mare. A quel punto si è raggiunta la Sella di Fonte Fredda (1994m), che ha un nome bugiardo: di freddo sul Camicia nei mesi estivi/autunnali non c’è nulla!
La sella non è neanche a metà strada. Si deve continuare a salire lungo la cresta che in poco tempo porta prima all’anticima del Monte Tremoggia (2231m) e poi alla vera e propria vetta del Monte Tremoggia (2350m). Se vi state chiedendo “e mo da dove spunta sto Monte Tremoggia e a che serve?” la risposta è semplice: a infrangere i sogni degli escursionisti poco allenati e per niente esperti che vedendo la croce credono per un solo istante di essere arrivati in cima al Camicia. Ingenui!
Il Tremoggia è più o meno a metà strada e se come noi vi state portando dietro un amico che, non si sa bene perché, ha pensato di venire in montagna in jeans, sneakers ed eastpak, per non parlare di un problema alla schiena che lo sta lentamente assassinando, potrebbe essere una buona idea fermarsi qui a mangiare qualcosa e recuperare le forze. Noi ci abbiamo pranzato, mostrando bellamente a chiunque passasse di lì la nostra famelica voracità da lupi, neanche fossimo rimasti a digiuno per mesi!
Nel mentre ci stavamo spazzolando via un paio di panini a testa, il nostro amico mal equipaggiato, che forse non aveva ben chiaro cosa significasse fare trekking, ha mostrato però di avere una vista da elfo individuando nell’erba delle chiavi della macchina perse da chissà chi, chissà quando. Se devo immaginare qualcosa che non vorrei mi capitasse mentre sto facendo un’escursione a chilometri da casa (oltre ovviamente al farmi male) ecco quello è perdere le chiavi della macchina, subito seguito dal lasciare le luci accese… ma questo credo che sia un piccolo trauma dovuto al coccolone che mi sono presa dopo la Ferrata degli Artisti. Mossi da un’empatia immediata per i poveretti a cui era capitato abbiamo cercato per tutto il sentiero a chi appartenessero, ma niente! Così è la vita, immagino.
Dal Tremoggia si riscende alla Sella Tremoggia (2331m) e si continua per la cresta fino a raggiungere una conca nella quale si cammina all’interno della linea di cresta. Qui salendo qualche metro e sporgendosi un po’ si possono osservare le pareti del Camicia che precipitano a strapiombo per circa 1200m nel versante teramano. Uno spettacolo veramente suggestivo, lo ammetto! Vale la pena sopportare l’antipatia del Camicia solo per vederlo.
La via nella conca prosegue fino a una selletta con vista sul Corno Grande. Qui il nostro amico mal equipaggiato ha sentenziato che non gli interessava più così tanto arrivare in cima e che lo attirava molto di più tutta quella bella erbetta morbida. Così si è buttato a terra e tempo pochi minuti stava già dormendo. Il Signor Coso, Wini e io, invece, abbiamo proseguito a sinistra lungo un sentiero ghiaioso, sdrucciolevole e molto pendente che in circa 15 minuti ci ha portato in vetta.
La vetta del Monte Camicia (2564m) è piccola e presenta solo una croce abbarbicata nel poco spazio disponibile. Siccome è una meta molto ambita e quindi sempre affollata il nostro tempo di permanenza lassù è stato minimo. Siamo giusto riusciti a farci un paio di foto e a goderci un po’ di aria fredda, perché sì: il Camicia è un forno crematorio per tutta la salita e la discesa ma in vetta diventa una cella frigorifera. Che simpaticone!
Se si desidera dalla cima è possibile imboccare il Sentiero del Centenario, noi invece siamo tornati sui nostri passi stando attenti a non ruzzolare troppo nel ghiaione che ci riportava là dove il nostro amico stava ancora bellamente sonnecchiando.
Qualche minuto dopo ce ne stavamo tutti buttati sull’erba a chiacchierare e divorare qualsiasi forma di cibo ci fosse rimasta. Il Signor Coso, in particolare, era munito di una bustina di mirtilli secchi ben sigillata che con fare ingegneristico stava aprendo attentamente millimetro dopo millimetro con un coltellino svizzero. Il taglio aveva una precisione chirurgica al punto che persino uno sconosciuto poco distante, a nostra insaputa, stava osservando il suo lavoro. A un certo punto, però, il Signor Coso ha pensato di poter allargare il taglio con le dita. Così ha fatto lievemente pressione e… i mirtilli sono completamente esplosi ovunque. Nello straccio che restava della bustina erano rimasti intrappolati sì e no cinque mirtilli. Non ho mai sentito nessuno ridere tanto di gusto come quello sconosciuto alle nostre spalle. Dio quanto lo ha divertito quella scena! E comunque addio mirtilli per noi.
Dopo aver tentato di dare nuova flora al Camicia (se lassù trovate dei cespugli di mirtillo è tutto merito nostro) abbiamo ripreso la via di casa e, arrivati alla conca dalle pareti strapiombanti, invece di proseguire per il Monte Tremoggia siamo scesi verso valle dal sentiero a destra che fiancheggia il vallone di Vradda.
Da qui si scende prima fra le rocce e poi nel bosco in un via vai di curve che non permette mai di avere un’idea chiara di quanto manchi all’arrivo. Così io, consapevole che mancava sempre troppo, ho preso l’abitudine di mentire a Wini e al nostro amico che a quel punto erano sfiniti, doloranti e avevano sviluppato un odio forse persino maggiore del mio per il Camicia. Wini soprattutto, che era alla sua prima volta sul Camicia ma era già stata sul monte accanto, il Prena, dove avevamo incontrato il gelo artico a giugno, era diventata praticamente un unico lamentio. La si può capire, però: si aspettava il freddo o per lo meno il fresco e si era ritrovata a prendere fuoco neanche fossimo nel Sahara!
Comunque arrivati a Fonte Vetica il buon umore è tornato a tutti perché poco distante da lì, a neanche cinque minuti di macchina, c’era Mucciante. Ve lo avevo detto che era importante per questa escursione. Questa macelleria vende a prezzi irrisori ottimi arrosticini di pecora che poi il cliente stesso si cucina sulle braci lì fuori. Per fortuna io ho trovato persino un gentilissimo signore abruzzese che si è messo a girarmi gli arrosticini. Cielo se ci sapeva fare!
Comunque alla faccia dei mirtilli secchi fuggiaschi: un po’ di arrosticini e sto apposto. E siamo onesti poi: sul Monte Camicia vale la pena andarci solo perché poi c’è Mucciante!
Partenza: Fonte Vetica (a piedi)
Arrivo: Fonte Vetica (a piedi)
Difficoltà: E
Dislivello: 1000mt
Durata: 8 ore circa
Tutte le foto sono del Signor Coso
La sella non è neanche a metà strada. Si deve continuare a salire lungo la cresta che in poco tempo porta prima all’anticima del Monte Tremoggia (2231m) e poi alla vera e propria vetta del Monte Tremoggia (2350m). Se vi state chiedendo “e mo da dove spunta sto Monte Tremoggia e a che serve?” la risposta è semplice: a infrangere i sogni degli escursionisti poco allenati e per niente esperti che vedendo la croce credono per un solo istante di essere arrivati in cima al Camicia. Ingenui!
Il Tremoggia è più o meno a metà strada e se come noi vi state portando dietro un amico che, non si sa bene perché, ha pensato di venire in montagna in jeans, sneakers ed eastpak, per non parlare di un problema alla schiena che lo sta lentamente assassinando, potrebbe essere una buona idea fermarsi qui a mangiare qualcosa e recuperare le forze. Noi ci abbiamo pranzato, mostrando bellamente a chiunque passasse di lì la nostra famelica voracità da lupi, neanche fossimo rimasti a digiuno per mesi!
Nel mentre ci stavamo spazzolando via un paio di panini a testa, il nostro amico mal equipaggiato, che forse non aveva ben chiaro cosa significasse fare trekking, ha mostrato però di avere una vista da elfo individuando nell’erba delle chiavi della macchina perse da chissà chi, chissà quando. Se devo immaginare qualcosa che non vorrei mi capitasse mentre sto facendo un’escursione a chilometri da casa (oltre ovviamente al farmi male) ecco quello è perdere le chiavi della macchina, subito seguito dal lasciare le luci accese… ma questo credo che sia un piccolo trauma dovuto al coccolone che mi sono presa dopo la Ferrata degli Artisti. Mossi da un’empatia immediata per i poveretti a cui era capitato abbiamo cercato per tutto il sentiero a chi appartenessero, ma niente! Così è la vita, immagino.
Dal Tremoggia si riscende alla Sella Tremoggia (2331m) e si continua per la cresta fino a raggiungere una conca nella quale si cammina all’interno della linea di cresta. Qui salendo qualche metro e sporgendosi un po’ si possono osservare le pareti del Camicia che precipitano a strapiombo per circa 1200m nel versante teramano. Uno spettacolo veramente suggestivo, lo ammetto! Vale la pena sopportare l’antipatia del Camicia solo per vederlo.
La via nella conca prosegue fino a una selletta con vista sul Corno Grande. Qui il nostro amico mal equipaggiato ha sentenziato che non gli interessava più così tanto arrivare in cima e che lo attirava molto di più tutta quella bella erbetta morbida. Così si è buttato a terra e tempo pochi minuti stava già dormendo. Il Signor Coso, Wini e io, invece, abbiamo proseguito a sinistra lungo un sentiero ghiaioso, sdrucciolevole e molto pendente che in circa 15 minuti ci ha portato in vetta.
La vetta del Monte Camicia (2564m) è piccola e presenta solo una croce abbarbicata nel poco spazio disponibile. Siccome è una meta molto ambita e quindi sempre affollata il nostro tempo di permanenza lassù è stato minimo. Siamo giusto riusciti a farci un paio di foto e a goderci un po’ di aria fredda, perché sì: il Camicia è un forno crematorio per tutta la salita e la discesa ma in vetta diventa una cella frigorifera. Che simpaticone!
Il ritorno dal Monte Camicia e l’arrosticinaro
Se si desidera dalla cima è possibile imboccare il Sentiero del Centenario, noi invece siamo tornati sui nostri passi stando attenti a non ruzzolare troppo nel ghiaione che ci riportava là dove il nostro amico stava ancora bellamente sonnecchiando.
Qualche minuto dopo ce ne stavamo tutti buttati sull’erba a chiacchierare e divorare qualsiasi forma di cibo ci fosse rimasta. Il Signor Coso, in particolare, era munito di una bustina di mirtilli secchi ben sigillata che con fare ingegneristico stava aprendo attentamente millimetro dopo millimetro con un coltellino svizzero. Il taglio aveva una precisione chirurgica al punto che persino uno sconosciuto poco distante, a nostra insaputa, stava osservando il suo lavoro. A un certo punto, però, il Signor Coso ha pensato di poter allargare il taglio con le dita. Così ha fatto lievemente pressione e… i mirtilli sono completamente esplosi ovunque. Nello straccio che restava della bustina erano rimasti intrappolati sì e no cinque mirtilli. Non ho mai sentito nessuno ridere tanto di gusto come quello sconosciuto alle nostre spalle. Dio quanto lo ha divertito quella scena! E comunque addio mirtilli per noi.
Dopo aver tentato di dare nuova flora al Camicia (se lassù trovate dei cespugli di mirtillo è tutto merito nostro) abbiamo ripreso la via di casa e, arrivati alla conca dalle pareti strapiombanti, invece di proseguire per il Monte Tremoggia siamo scesi verso valle dal sentiero a destra che fiancheggia il vallone di Vradda.
Da qui si scende prima fra le rocce e poi nel bosco in un via vai di curve che non permette mai di avere un’idea chiara di quanto manchi all’arrivo. Così io, consapevole che mancava sempre troppo, ho preso l’abitudine di mentire a Wini e al nostro amico che a quel punto erano sfiniti, doloranti e avevano sviluppato un odio forse persino maggiore del mio per il Camicia. Wini soprattutto, che era alla sua prima volta sul Camicia ma era già stata sul monte accanto, il Prena, dove avevamo incontrato il gelo artico a giugno, era diventata praticamente un unico lamentio. La si può capire, però: si aspettava il freddo o per lo meno il fresco e si era ritrovata a prendere fuoco neanche fossimo nel Sahara!
Comunque arrivati a Fonte Vetica il buon umore è tornato a tutti perché poco distante da lì, a neanche cinque minuti di macchina, c’era Mucciante. Ve lo avevo detto che era importante per questa escursione. Questa macelleria vende a prezzi irrisori ottimi arrosticini di pecora che poi il cliente stesso si cucina sulle braci lì fuori. Per fortuna io ho trovato persino un gentilissimo signore abruzzese che si è messo a girarmi gli arrosticini. Cielo se ci sapeva fare!
Comunque alla faccia dei mirtilli secchi fuggiaschi: un po’ di arrosticini e sto apposto. E siamo onesti poi: sul Monte Camicia vale la pena andarci solo perché poi c’è Mucciante!
Scheda dell’escursione:
Partenza: Fonte Vetica (a piedi)
Arrivo: Fonte Vetica (a piedi)
Difficoltà: E
Dislivello: 1000mt
Durata: 8 ore circa
Tutte le foto sono del Signor Coso
Penso di non essermi lamentata così nemmeno con broncopolmonite e febbre a 40....un supplizio! Però la bellezza merita! Decisamente! Wini
RispondiEliminaMa, con il senno di poi, direi che le lamentele erano giustificate: cielo che caldo e che fatica quel giorno! Però in effetti sei più silenziosa con broncopolmonite e febbre a 40: sarà che ti stendono totalmente quelle :)
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