venerdì 27 luglio 2018

UN'AVVENTURA AL CANYON PARK

LA VOLTA CHE… “MA COME MI DEVO BUTTARE SUBITO NEL VUOTO?” 

Oggi rimescoliamo un po’ le carte. Ogni tanto tocca farlo, sapete se no che noia! Quindi niente escursioni, niente ferrate. Siete tristi? Non dovreste. Oggi vi porto in un canyon, vi porto a vivere una piccola avventura, come l’ho vissuta io qualche tempo fa: vi porto al Canyon Park, il parco avventura toscano che mi ha fatto letteralmente venire la pelle d’oca per l’entusiasmo e l’adrenalina.

Fonte: Canyon Parktutti i diritti di copyright appartengono a chiunque altro abbia la paternità di questa foto; immagine del canyon del fiume Serchio

Perché siamo andati al Canyon Park


Si dà il caso che prima di salire la ferrata del Piccolo Cir, ossia la mia prima klettersteig, io non fossi poi così convinta di poter affrontare a cuor leggerlo una via ferrata. Avevo un certo sospetto che, nonostante il corso del CAI fatto, potessi farmela sotto nel bel mezzo della salita e che una qualche paura del vuoto di cui non avevo mai sofferto mi potesse far diventare una statua di sale a non si sa quanti metri dal suolo. E lo sapete voi quanto procede bene in parete una statua di sale? Non ho prove scientifiche a mio sostegno, ma ho buon motivo di credere che non se la cavi alla grande.

Così la primavera prima che me ne andassi a passare qualche glorioso giorno nella bellezza di Colfosco a scoprire che, in effetti sì, una qualche paura del vuoto (o forse dovrei dire una qualche esasperazione della fila in parete) mi prende quando sono bloccata per ore attaccata alla roccia a procedere a passo di lumaca come è successo sulla Ferrata Brigata Tridentina, il Signor Coso individuò nel parco avventura Canyon Park di Bagni di Lucca la perfetta risposta alla mia domanda: ho paura del vuoto?

Ci sembrava, insomma, un buon modo per testare la probabilità di infarto che mi pendeva sulla testa tipo spada di Damocle. Il pregio di tentare con un parco avventura di questo tipo, ossia un percorso aereo che si sviluppa sulle due pareti di un canyon, era quello di mettermi alla prova con un’esposizione estrema, maggiore della gran parte delle ferrate che abbiamo poi fatto, in una condizione di completa sicurezza affiancati come eravamo da personale esperto. A voi viene in mente una soluzione migliore?

Nel caso, invece, non aveste nei piani di avventurarvi sulle vie ferrate (o lo aveste già fatto così tante volte da non dover più testare nulla) resta comunque valida l’idea di andarsi a far pompare un po’ di adrenalina in corpo in un ambiente naturale dalla bellezza incredibile senza correre quasi nessun rischio.


Come si arriva al Canyon Park


Il Canyon Park si trova a Scesta, una frazione di Bagni di Lucca dove, per casualità della vita, mi è capitato di passare diverse volte negli anni della mia infanzia. Anzi, per la precisione, mi sono certamente trovata a costeggiare questo piccolo canyon nostrano; e forse, a pensarci bene, era proprio lui il canyon dove da bambina sognavo così spesso di precipitare con la macchina fino a rendermi difficile guidare per strade strette e a precipizio sul vuoto come quella che porta al giro dei laghi del Cevedale. Nonostante le molte volte che ci sono passata, però, non avevo mai notato che ci fosse un canyon o il fiume Serchio, figurarsi un parco avventura! Ora le cose sono due: o ha aperto ultimamente (e con lui fiume e canyon) o io non noto nulla. Considerando che non noto neanche i negozi che mi aprono sotto casa… direi che è certo che fiume, canyon e parco siano una novità dell’ultimo secondo! 

Adesso vi starete chiedendo come ci sono finita io lassù se non sapevo neanche che ci scorresse acqua da quelle parti. La risposta è semplice: il Signor Coso. Avevamo organizzato una vacanza a Lucca e, visto che il parco è a soli 35 km da lì, aveva trovato il modo di andare anche laggiù: in fin dei conti sono più o meno 45 minuti dal capoluogo garfagnano. Per arrivarci si costeggia persino il Ponte del diavolo e già solo per questo varrebbe la pena di fare il viaggio. Se non sapete la storia del Ponte del diavolo (o Ponte della Maddalena) potete leggerla qui.
Seguendo quindi il corso del Serchio si raggiunge la località Scesta e si parcheggia in uno spiazzo sulla sinistra: un parcheggio ad hoc (anche se non sembra) completamente gratuito. A questo punto vi tocca fare 10 o 20 passi a piedi; lo so, lo so! Che brutto mondo in cui viviamo se ci tocca persino camminare: almeno col parco avventura potrebbe esserci un tapirulan, e invece niente! Dunque stringete i denti, fatevi questa passeggiatina e attraversate il fiume su un ponte di pietra che io ricordavo di legno e minuto e invece il Signor Coso definisce letteralmente “pure bello grosso”. Mentre lo attraversate buttate un’occhiata alla vostra sinistra: potrete vedere quanto saranno belle le vostre successive due ore.

Fonte e credits: Gabriele Geraci; immagine del Ponte del diavolo

Come funziona e cosa si fa al Canyon Park


Per correttezza mi vedo costretta a informarvi che se andate al Canyon Park non siete per forza obbligati a fare cose più o meno estreme o per forza aeree. Potreste fare rafting o yoga o persino un pic-nic nella piccola spiaggia/area relax a destra del ponte. Se però siete come me e volete assolutamente buttarvi nel vuoto il giro dura circa 2 ore e il costo è intorno ai 20€ (controllate sul sito per sapere il prezzo aggiornato) con l’aggiunta di una carta socio di 3€

Nel prezzo è compresa una guida esperta che vi accompagnerà in tutto il giro, la spiegazione di come affrontare il percorso e l’attrezzatura composta da:

  • casco con attacco per le action camera (noi non ce l’eravamo portata o forse non ce l’avevamo ancora quindi niente video, sorry); 
  • imbrago con una sola longia con un moschettone semiaperto con cui non è possibile uscire dal circuito e che permette di superare senza difficoltà le placche dei frazionamenti, ma che non sfugge al cavo; 
  • carrucola
Siccome lo sanno pure loro che non si può buttare così una persona inesperta nel bel mezzo di un circuito aereo, all’inizio si fanno un po’ di prove di movimento su una paretina con i piedi ben piantati a terra. E quando ormai avete imparato a muovere il moschettone e vi sentite a vostro agio (e forse state pure pensando boriosi e altezzosi “ma dai! È facilissimo! A che mi servirà mai la guida?”) il Canyon Park vi rimette al vostro posto con l’inizio del circuito: un lancio nel vuoto con la carrucola per circa 130 m (metro più metro meno, vista la mia memoria traballante).

Vi ricordate quale era la domanda di cui cercavo la risposta? Ho paura del vuoto? Ecco forse avrei dovuto informare anche la mia guida del mio dilemma perché lui, serafico come il Cappellaio Matto o forse, ancor peggio, lo Stregatto, si è letteralmente lanciato in volo con la sua carrucola senza troppe esitazioni scomparendo rapidamente dall’altra parte del canyon. Ohibò! E adesso?
Piccola digressione: il giro si fa in gruppi più o meno numerosi. È quindi la norma prenotare un giro che si condividerà con un gruppo di sconosciuti, almeno che ovviamente non si vada con un piccolo esercito. E se fosse stato così anche nel nostro caso probabilmente io avrei creato una fila immensa alle mie spalle perché affidarmi a quella carrucola andava contro ogni fibra del mio istinto di sopravvivenza. Per fortuna, però, per motivi a noi sconosciuti tutto il nostro gruppo non si era presentato e così il Signor Coso e io abbiamo fatto il nostro giro soli soletti. Quindi niente fila, solo tanta fifa e poi… e poi sono dovuta saltare perché nel frattempo che mi terrorizzavo anche il Signor Coso aveva raggiunto l’altra parte.

Cosa si prova a gettarsi nel vuoto? Panico, adrenalina, terrore, entusiasmo, gioia infinita, euforia e quel giusto pizzico di ansia di morire lì su due piedi. E invece su due piedi si arriva in totale sicurezza dall’altra parte. Per altro le carrucole del Canyon Park sono fatte talmente bene che, a poca distanza dall’arrivo, rallentano la loro corsa autonomamente. Così se si è abbastanza bravi da tenere la posizione giusta si arriva ben piantati con entrambi i piedi sulla pedana pronta ad accoglierci. Indovinate, però, chi non sapeva tenere la posizione giusta? No, non io! Ma per chi mi avete presa? Che idea vi siete fatti di me? Non sono mica sempre io quella goffa! Ovviamente era il Signor Coso che si faceva tutto il viaggio credendosi la Terra e ruotando su se stesso e arrivando, puntualmente, col sedere parcheggiato sulla pedana. Per lo meno questa volta le carrucole rallentavano, non come nel parco avventura dell’Eur a Roma dove non rallenta nulla e lui si schiantava!

Fatto sta, comunque, che con questa prima carrucola si raggiunge la sorgente del torrente sopra cui si sta facendo gli equilibristi: una cascatella veramente ma veramente bellina. Direi, a essere onesti, che tutto il giro è veramente bellino.

Da qui in poi è un susseguirsi di passaggi da una parte all’altra del canyon. A volte si deve riusare la carrucola, ma altre volte il passaggio avviene tramite passarelle con pedane o ponti tibetani. C’è persino qualche punto in cui c’è il ponte a due cavi, vera prova di equilibrismo secondo me, o la slackline, ossia una fettuccia di tessuto sintetico su cui camminare piuttosto diffusa ma solitamente a pochi metri da terra, come ad esempio la conoscono i ragazzi dello Yosemite Park. Quando invece si prosegue sulla stessa parete si può far affidamento su scalette e staffe.

Sapete qual è il modo migliore per affrontare ponti tibetani, ponti a due cavi e slackline quando si hanno gli scarponi da trekking? Inserendo la fettuccia nell’incavo dello scarpone. O almeno è questo quello che diceva la nostra guida e che faceva istintivamente il Signor Coso. E invece io, da brava ex ginnasta, andavo di punta. Che poi detta così sembro Vanessa Ferrari. Purtroppo no: avrò fatto ginnastica artistica sì e no 2/3 anni quando ero bambina ed ero anche un bel po’ incapace. Però è uno dei pochi sport che ho fatto nella mia vita (l’altro è equitazione, ma mica è facile trottare su un ponte tibetano eh!) e si vede che qualche traccia su di me l’ha lasciata. Così procedevo in questo modo strano – ma giuro che l’equilibrio era perfetto! – lasciando abbastanza perplessa la nostra guida. Era proprio allibito, poverino. E alla fine era anche mortificato: siccome eravamo da soli invece di 2 ore il Signor Coso e io ci abbiamo messo più o meno 30 minuti a fare tutto il giro. Ma che importa? Noi eravamo lo stesso su di giri, e poi non era mica colpa della guida se il nostro gruppo è arrivato solamente quando noi abbiamo finito il circuito. Era un addio al nubilato (per inciso: che idea fica fare l’addio al nubilato al parco avventura!) e le ragazze sembravano tutte un po’ troppo alticce. Non voglio immaginare come sia stato fare il circuito con loro. Quando sono ubriaca io non riesco quasi a stare sulla sedia e loro invece sono andate a buttarsi con la carrucola e a passeggiare su ponti tibetani… beh! Non c’è stata nessuna brutta notizia nei giorni successivi quindi credo proprio che possiamo dire che in vino aequabilitas*.


FonteCanyon Parktutti i diritti di copyright appartengono a chiunque altro abbia la paternità di questa foto; immagine di un pezzo del percorso del parco
* ”Nel vino c’è l’equilibrio” (reinterpretazione della famosa frase latina in vino veritas)


Scheda del parco avventura:


Dove: Bagni di Lucca (Toscana)
Periodo migliore per andare: Primavera/estate
Durata del giro: 2 ore
Sito web: https://www.canyonpark.it/ 


Per fugare ogni possibile dubbio vi informo che la realizzazione di questo post è totalmente spontanea e non ha previsto nessuna retribuzione o accordo precedente con il Canyon Park (al momento della stesura dell’articolo i proprietari o gestori del parco sono per altro completamente all’oscuro di questo post).

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